Save The Children: 34 mila studenti a rischio abbandono

Save The Children: 34 mila studenti a rischio abbandono

5 Gennaio 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

L’Ipsos ha condotto uno studio per Save The Children, da cui è emerso il report “I giovani ai tempi del Coronavirus“.

Una delle stime critiche è che sarebbero 34 mila i ragazzi e le ragazze delle scuole superiori che sarebbero a rischio abbandono, causa assenze prolungate. Secondo le opinioni dei ragazzi intervistati tra le cause principali delle assenze dalla Dad, vi è l’instabilità delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire ore di didattica dietro uno schermo. Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%). Recentemente abbiamo riportato che secondo le stime Istat, spessissimo una preparazione inadeguata porti all’abbandono.

L’indagine è stata condotta sulla base di un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni (un campione di mille ragazzi frequentanti la scuola superiore secondaria, rappresentativo dell’universo di riferimento per genere, area geografica ed età). “Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo”, evidenzia l’organizzazione a seguito delle interviste.

Quasi un adolescente su due (il 46%) ritiene che l’anno scolastico del Covid-19 sia stato un “anno sprecato”. Un quarto (23%) crede che uscire non sia poi così importante e che si possano mantenere le relazioni anche on line. La maggioranza invece (l’85%) sostiene invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. I ragazzi – sottolinea poi il rapporto – si sentono tagliati fuori dalle scelte per il contrasto alla diffusione del contagio, che li hanno visti molto penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Secondo Save the Children l’impatto prodotto sui ragazzi dalla chiusura delle scuole “è ancora gravemente sottovalutato”. “Servono ristori” e che la politica “sia all’altezza delle loro aspettative”, utilizzando le risorse del Next Generation UE – come gli stessi ragazzi indicano – prioritariamente per il loro futuro. I ragazzi si sono poi espressi anche su come investire complessivamente le risorse: il lavoro (29%), la sanità (21%), la lotta alla povertà (19%) e l’ambiente (12%). “Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza e non tutti hanno resistito. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, dice Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.  “È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi – sottolinea – perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

Preoccupante anche la situazione di povertà di materiali che consentano di seguire le lezioni correttamente: secondo l’Istat – ricorda Save The Children – il 12,3% tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet, e il 45,4% ha comunque difficoltà con la didattica a distanza, a causa della carenza di strumenti informatici in famiglia.  A questo si aggiunge il problema della disponibilità di spazi abitativi adeguati: nel 2018, in Italia oltre 4 minori su 10 (il 41,9%) vivevano in condizioni di sovraffollamento abitativo (dati Istat). Un fattore che in un periodo di lockdown incide notevolmente sulla capacità di studiare e seguire con la dovuta le lezioni online.

“Corriamo il rischio che le lunghe assenze dalla scuola si trasformino in definitivo abbandono e che tante ragazze e ragazzi – in questa grave crisi economica – finiscano per ingrossare le fila del lavoro sfruttato” afferma Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Non dimentichiamo che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze”, aggiunge.