
Il 4 gennaio 2015, sei anni fa, ci lasciava Pino Daniele
4 Gennaio 2021L’anno scorso, a fine gennaio, la tragedia di Kobe Bryant fece rimpiangere il precedente agli amanti dello sport (e non solo). Nel 2015 successe qualcosa di simile. La sera del 4 gennaio, infatti, Pino Daniele ci lasciava a causa di uno “shock cardiogeno”; era “affetto da cardiomiopatia dilatativa post-ischemica, coronaropatico e sottoposto a intervento di by-pass aortocoronarico, iperteso”, come si legge nella perizia medico-legale disposta dal Tribunale di Roma.
Chissà ora «dove sono i» suoi «occhi e la tua bocca». Fra i personaggi che hanno dato lustro alla realtà napoletana c’è sicuramente stato (e c’è ancora) Pino Daniele. Nato a Napoli il 19 marzo 1955, imbraccia la chitarra a 14 anni, e quattro anni dopo scrive “Napule è”, l’agrodolce rappresentazione di Napoli, colma di denunce e immagini amare, come solo un letterato avrebbe fatto. Niente male come presentazione. Le aspettative vengono rispettate. C’è un motivo se Bob Marley lo sceglie per aprire il proprio concerto a Milano, il 27 giugno 1980. C’è un motivo se il 24 giugno 1984 ha inaugurato il concerto di Bob Dylan e Carlos Santana, sempre a Milano. C’è un motivo se si è trovato sul palco con Eric Clapton, chitarrista fra i più grandi, il 24 giugno 2011 a Cava Dei Tirreni.
Ha anche raccontato storie delicate, come in “Quanno chiove”, canzone che parla della giornata di una prostituta che, quando va a lavoro, «nun rire cchiù». O come in “Chillo è nu buono guaglione”, canzone dell’album “Pino Daniele” del 1979, quando fu fra i primi ad affrontare i temi dell’omosessualità e della transessualità, narrando la storia di un ragazzo che desidera di poter diventare donna con un’operazione, che gli tocca pagare accumulando soldi con la prostituzione. Proprio alla fine degli Anni Ottanta ha attraversato l’Europa come parte del progetto “Night of the Guitar” accanto a Phil Manzanera, Steve Hunter, Robby Krieger e Randy California. Fra i suoi idoli Pat Metheny, di cui divenne amico e con cui suonò. Nella parte strumentale, che adorava più del canto e dei testi, c’era un mix di blues (il suo amore più grande) e il jazz, il funky e il rock. Ma anche e soprattutto, la tradizione mediterranea e napoletana.
Fra i momenti che i fan (e non solo) rievocano con più piacere, l’estratto dal documentario di Anna Praderio su Massimo Troisi, qui pubblicato, che mostra l’attore immerso nell’ascolto di “Quando”, solo voce e chitarra, suonata e cantata proprio da Pino Daniele. Filmato divenuto manifesto della cultura napoletana e della sua inventiva.
«Il 4/1/2015 fu una lunga notte, il suono della pioggia copriva il rumore che c’era, l’acqua ne conserva memoria. Lacrime che materializzano emozioni, la salinità lascia la scia in cui ci raccogliamo per viverne il dolore che ci tiene ancora per un istante stretti a te papà» ha scritto il figlio Alessandro, tramite il profilo Twitter Pino Daniele Trust Onlus.
Insomma, la sua musica tutti questi ricordi fanno sì che sopravviva nei suoi confronti un “amore senza fine”.