Trentacinque anni fa la morte di Giancarlo Siani

Trentacinque anni fa la morte di Giancarlo Siani

23 Settembre 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Siamo ancora distanti dalle belve quando pur di perseguire un obiettivo siamo disposti a eliminare gli ostacoli, fossero anche persone? Una delle storie che può dare una (triste) risposta questa domanda si è tragicamente conclusa 35 anni fa, quando la vita di un ventiseienne di nome Giancarlo Siani (qui la sua biografia) venne brutalmente stroncata.

È il 23 settembre 1985. Giancarlo ha compiuto 26 anni da 4 giorni. Sono le 20:50, il ragazzo giornalista è di ritorno dalla redazione centrale del giornale Il Mattino, e ha parcheggiato la sua Citroën Mehari sotto casa. È ancora seduto e ha in tasca il biglietto di un concerto. Quella sera aveva in programma il concerto di Vasco Rossi, a Napoli. Nel giro di qualche secondo, quei programmi vengono cancellati da dieci colpi di pistola, che non lasciano spazio a nesun altro tipo di progetto futuro. Finisce lì. Finisce così.

L’epilogo della sua esistenza era stato decretato dai fratelli Nuvoletta a capo del clan camorristico di Torre Annunziata che, in un articolo del 10 giugno 1985, Siani aveva indicato come autori della soffiata che aveva consentito ai Carabinieri di mettere le mani sul boss Valentino Gionta. Ma il giornalista aveva toccato anche interessi ben più importanti investigando sugli appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980 nei dintorni del Vesuvio, e denunciando le infiltrazioni camorristiche nella vita politica. Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli condannò all’ergastolo i mandanti dell’omicidio di Giancarlo – i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante – e i suoi esecutori materiali, Ciro Cappuccio e Armando Del Core. In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Cassazione, che però decise il rinvio ad altra Corte d’Assise d’Appello per Valentino Gionta. Il 29 settembre 2003, a seguito del secondo processo di appello, Gionta venne di nuovo condannato all’ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha scagionato per non aver commesso il fatto.

Giancarlo Siani è stato nominato cittadino onorario di Torre Annunziata. La cerimonia si è svolta il 13 dicembre 2019.

Sette anni prima di Falcone e Borsellino, la criminalità organizzata dà dimostrazione della propria veemenza. Il copione è sempre quello: qualcuno, per proprio tornaconto, decide di fare di tutto per condizionare pesantemente la vita dei più diseredati. Qualcuno lo nota, cerca di dirlo ad alta voce, e smette di parlare per sempre. Perché non gli è più possibile neanche respirare.

La storia di questo Paese è costellata di episodi di efferatezza a danno dei coraggiosi, dei leali, degli umili, degli altruisti. Di chi è disposto a spendere il suo tempo per agevolare le esistenze delle vittime di incastri che le soffocano. Questa lunga sequenza di avvenimenti non può che scoraggiare sempre più e portare a un’omertà sempre più diffusa. L’obiettivo è esattamente quello. Farlo vuol dire essere complici. Non opporre resistenza vuol dire aver rinunciato a se stessi. Il silenzio sembra sempre più comodo. Forse è il caso di ricordare che, come scrisse Sartre in “Che cos’è la letteratura?”, «Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche».

Di Francesco Mazzariello