La lunga distanza, autismo e disuguaglianze nel Sud Italia

La lunga distanza, autismo e disuguaglianze nel Sud Italia

2 Aprile 2025 0 Di Alessandro Mazzaro

Nel Sud Italia vivere con una diagnosi di autismo significa affrontare un percorso a ostacoli, fatto di ritardi, carenze strutturali e disuguaglianze persistenti. La condizione dello spettro autistico, complessa e variabile, chiama in causa un sistema di supporto che nel Mezzogiorno appare ancora frammentario. Nonostante una crescente consapevolezza e l’attivazione di alcune eccellenze territoriali, l’accesso ai servizi resta segnato da profonde disparità rispetto al Centro-Nord. Non si tratta solo di una distanza geografica, ma di un divario strutturale che si riflette su tutti gli aspetti della vita delle persone autistiche e delle loro famiglie: dall’accesso alla diagnosi alla possibilità di partecipare pienamente alla vita scolastica, lavorativa e sociale.

I dati parlano chiaro: nel 2024 solo il 24% dei centri specializzati per l’autismo in Italia si trova nel Sud e nelle isole. Ciò si traduce in tempi di attesa che possono superare l’anno per una prima diagnosi, come accade in Puglia e Sicilia. In Campania si registrano casi estremi, con bambini che attendono fino a sette anni per ottenere una valutazione formale. Alla carenza di strutture pubbliche si somma la difficoltà di sostenere economicamente percorsi privati, aggravata dalle disuguaglianze di reddito che caratterizzano il Mezzogiorno. Il risultato è un sistema a due velocità: chi ha risorse accede più rapidamente a diagnosi e interventi, mentre altri restano esclusi o costretti ad attendere. Le famiglie si trovano spesso sole nel fronteggiare un percorso complesso, senza un orientamento chiaro e con il rischio costante di smarrirsi tra burocrazia, attese e mancanza di informazioni accessibili.

Eppure, proprio da questi territori emergono segnali di cambiamento. Iniziative come il progetto inclusivo della mensa scolastica a Napoli o il laboratorio di pelletteria per giovani autistici nel capoluogo campano testimoniano la capacità di sperimentare percorsi di inclusione reale, anche in contesti difficili. Sono pratiche che sfidano lo status quo, che dimostrano che è possibile fare rete tra famiglie, istituzioni e realtà del terzo settore per costruire alternative concrete.

L’inclusione scolastica resta una delle sfide più rilevanti. Se da un lato l’Italia vanta un impianto normativo avanzato, dall’altro il Sud paga la cronica carenza di personale di supporto: Molise e Campania registrano i rapporti più critici tra alunni con disabilità e assistenti all’autonomia. In Molise e Campania si registrano criticità nella dotazione di personale di supporto, con un rapporto tra alunni con disabilità e assistenti all’autonomia e alla comunicazione significativamente più elevato rispetto alla media nazionale. Questo squilibrio incide in modo diretto sulla qualità della didattica, ma anche sul vissuto emotivo degli studenti autistici, che troppo spesso si trovano in ambienti poco preparati ad accoglierli. Sul piano lavorativo, la situazione è ancora più fragile: l’occupazione delle persone autistiche resta marginale, spesso confinata a progetti isolati e non strutturali. Le esperienze positive non mancano, ma rimangono eccezioni più che sistema. Il tema dell’inclusione lavorativa, poi, si scontra con una cultura del lavoro ancora poco inclusiva e con la scarsità di programmi di accompagnamento individualizzato. Il rischio è che anche le competenze più forti restino ai margini, senza occasioni reali di valorizzazione.

A fronte di questo quadro, la mancanza di dati epidemiologici affidabili e disaggregati per il Sud complica ulteriormente la pianificazione. Le poche ricerche disponibili, come quella condotta a Taranto, suggeriscono addirittura un possibile legame tra inquinamento ambientale e incidenza dell’autismo, sollevando interrogativi che meritano attenzione scientifica. Per la sola regione Puglia, si stimano circa 4.726 minori (0-18 anni) con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, su un totale regionale di circa 23.000 individui di tutte le età con DSA. In questo contesto, strumenti come la mappa dei servizi dell’Osservatorio Nazionale Autismo rappresentano risorse importanti, ma non risolvono le criticità strutturali. L’assenza di un sistema di rilevazione omogeneo a livello nazionale, e soprattutto regionale, ostacola la costruzione di politiche informate, lasciando troppe decisioni al caso o alla pressione dell’urgenza. La mancanza di dati è, in fondo, la spia di una disattenzione più generale.

La questione dell’autismo nel Sud Italia è, in definitiva, una questione di diseguaglianza territoriale. Occorrono investimenti mirati, assunzioni di personale qualificato, una rete capillare e integrata di servizi, oltre a politiche di lungo periodo che pongano al centro le persone autistiche e le loro famiglie. Le iniziative dal basso e l’impegno delle associazioni mostrano che il cambiamento è possibile, ma richiedono un sostegno istituzionale costante. Ridurre il divario Nord-Sud nel campo dell’autismo non è solo una questione sanitaria: è una sfida di giustizia sociale. Ma è anche un indicatore della capacità del Paese di riconoscere e includere tutte le sue differenze, costruendo un welfare che non sia frammentato per latitudine, ma equo, accessibile e umano.