Luoghi della cultura: Il Museo archeologico di Eboli

Luoghi della cultura: Il Museo archeologico di Eboli

6 Ottobre 2023 0 Di Alessandro Mazzaro

Tra i luoghi che custodiscono la memoria e la cultura presenti sul territorio della Piana del Sele, un posto di primo piano è ricoperto dal Museo Archeologico di Eboli e della Media Valle del Sele e Aree archeologiche delle fornaci SS. Cosma e Damiano e della Villa Romana di Paterno. 

Aperto al pubblico dal marzo dell’anno 2000, è ubicato all’interno dell’ex convento di San Francesco, complesso monumentale che rappresenta uno dei primi insediamenti francescani storicamente documentati sul territorio ed una delle strutture più antiche presenti: basti pensare, infatti, che la sua costruzione risale al 1286, nonostante abbia subito diversi rimaneggiamenti nel corso del XVI secolo.

L’allestimento del museo, non ancora completato in tutte le sezioni, è organizzato secondo criteri cronologici.

Il Neolitico. La prima sezione è dedicata alle più antiche testimonianze restituite dal territorio ebolitano. A Eboli le testimonianze più antiche della frequentazione antropica risalgono a due fasi: il Neolitico Superiore (3500-3000 a.C.) e il Neolitico Inferiore (3000-2500 a.C.). I reperti archeologici provengono dalla località San Cataldo: si tratta di anse appartenenti a ciotole, da attribuire a due importanti facies culturali che si sviluppano in questo periodo in Italia Meridionale: quelle di Serra D’Alto e di Diana-Bellavista.

L’Eneolitico. Il periodo successivo, databile nel corso del III millennio a.C., è noto come Eneolitico. Quattro sepolture attestano la presenza dell’Eneolitico a Eboli, in località Madonna della Catena e sono riconducibili alla cultura “del Gaudo”, così denominata dall’omonima località di Capaccio Paestum. Le tombe di Madonna della Catena sono a grotticella, scavate in banchi di roccia tenera, con un pozzetto di accesso collegato ad una o due celle in cui venivano seppelliti più individui, accompagnati da oggetti ceramici e in pietra. Nella cella sono stati ritrovati vasi di piccole dimensioni (tazze, orci, bicchieri, pissidi e anforette), usati per attingere, mentre nel vestibolo d’accesso sono stati rinvenuti recipienti più grandi come le olle biansate. Molto significativi sono gli oggetti in pietra: pugnali, punte di freccia e microliti trapezoidali.

L’Età del Bronzo. Nelle località collinari ebolitane sono state ritrovate le tracce di insediamenti umani, a partire dal Bronzo medio (XIV-XIII sec. a.C.). Dalla località Turmine provengono i materiali più antichi, rappresentati da pochi frammenti di ceramica talvolta decorati da incisioni ed excisioni. Nel Bronzo finale (XII-XI sec. a.C.) presso la collina di Montedoro, che domina il centro abitato, si sviluppò un insediamento del quale sono state individuate tracce di capanne. A Montedoro sono stati ritrovati frammenti ceramici dipinti di tipo miceneo, riferibili al Tardo Elladico III C (XI sec. a.C.), alcuni dei quali di probabile provenienza egea.

L’Età del Ferro. Durante l’Età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.) nel territorio ebolitano si registra la presenza sia di gruppi appartenenti alla cultura villanoviana, riferibile alla vicina Pontecagnano, sia di gruppi appartenenti alla cultura delle “Tombe a fossa”. Nell’Età del Ferro i corredi funerari maschili si contraddistinguono per la sostanziale sobrietà e per l’esaltazione dell’ideale guerriero, in cui gli elementi di spicco sono le armi e la fibula in bronzo ad arco serpeggiante. Al contrario, i corredi femminili sono ricchi di gioielli: orecchini in argento e bronzo, bracciali e ferma trecce sempre in bronzo, collane in ambra e pasta vitrea. Numerosi gli anellini e le borchiette in bronzo e in ambra che decoravano gli abiti delle defunte. La presenza di ceramica con decorazione “a tenda” attesta ulteriori legami con il mondo enotrio della Lucania Occidentale.

VII e VI secolo a.C... I materiali esposti risalenti a quest’epoca mostrano come l’insediamento ebolitano sia pienamente gravitante nell’orbita della vicina Pontecagnano. Tuttavia, Eboli fu aperta ad influssi di culture diverse, grazie alla particolare posizione geografica che la pone quale naturale cerniera tra l’entroterra e la costa. Le necropoli sono caratterizzate dal rituale dell’inumazione in fosse terragne, ma sono documentati anche casi di incinerazione. In queste necropoli un apposito spazio viene destinato alle sepolture di neonati e bambini. Fra le tombe di giovani si distinguono alcune dal ricco corredo e nelle quali il defunto, secondo un rituale di tradizione ellenica, è stato cremato direttamente sul luogo di sepoltura. Tra i materiali colpisce la marcata presenza di ceramica in bucchero (oinochoai, kantharoi, coppe) di produzione campana. La ceramica d’importazione greca o di tipo greco, molto rara, accompagna le sepolture più rilevanti, denotate anche dalla presenza di vasi con iscrizioni onomastiche in lingua etrusca. In particolare, nel VI sec. a.C., la presenza greca è testimoniata dalla diffusione della ceramica corinzia.

V e IV secolo a.C..

I dati attestano per il V secolo a. C una netta contrazione dell’insediamento ebolitano. Le sepolture di questo periodo sono ad inumazione. La composizione dei corredi, soprattutto per la prima fase, è caratterizzata da ceramiche d’impasto e argilla figulina, che richiamano le tradizioni del secolo precedente, affiancate da poche a vernice nera di derivazione attica. In questo periodo, se da un lato si assiste ad un certo conservatorismo culturale, ispirato alle tradizioni dell’entroterra, dall’altro si evidenzia l’apertura verso modelli che si rifanno al mondo greco, attraverso la mediazione di Poseidonia.

La sepoltura di via G. B. Vignola è una testimonianza dell’incontro con la cultura ellenica. Il corredo funebre che accompagna il defunto è incentrato su vasi che alludono al rito del Simposio.

Infine si evidenzia la sopravvivenza della cultura etrusca, come confermano le tante iscrizioni in lingua etrusca ritrovate. Le radicali trasformazioni conseguenti alla conquista della Campania da parte di Sanniti e Lucani, si riflettono nell’assetto delle necropoli e nel costume funerario. Nel IV sec. a. C. nuovi spazi alla base della collina di Montedoro, oltre alle aree che già dall’Età del Ferro erano adibite alla sepoltura dei defunti, vengono destinati a quest’uso. I nuclei di sepolture, alternati ad ampie aree vuote, sono aggregati in gruppi familiari, in cui i maschi più importanti vengono sepolti con l’armatura completa del guerriero, talvolta indossata oppure collocata dietro la testa, come un trofeo. Agli elementi che riportano all’attività guerriera, si accompagnano i vasi da vino e da mensa in ceramica e in bronzo e gli oggetti legati alla pratica atletica. Non mancano lo strumentario da fuoco in piombo, allusivo alla sfera dell’oikos, e terrecotte che riproducono i frutti della terra, chiaro riferimento alla ricchezza agricola. Il corredo funebre femminile comprende vasi come il lebete nuziale e l’hydria, il vaso per l’acqua e gioielli in bronzo o in argento.

III e II secolo a.C.. Un intervento di scavo eseguito su un pianoro ubicato nella parte bassa della collina di Montedoro ha portato al recupero di materiale votivo, collocato nella stipe di un santuario di età romana medio-repubblicana, a testimonianza dell’esistenza del luogo di culto già fra il III ed il II sec. a.C. La presenza di votivi anatomici, come arti e dita, indica l’appartenenza del santuario a un culto salutare, la cui diffusione nel periodo della colonizzazione romana è ben documentata. Si distingue la statua in terracotta di un giovane dalla corta capigliatura ricciuta, rappresentato seduto e con le gambe innaturalmente divaricate, oltre che volutamente mutile all’altezza delle ginocchia. Si evidenzia nella resa del volto un’influenza di prototipi di tradizione ellenistica. La testa leonina e le tre matrici (una frammentaria che rappresenta una testa leonina, un sileno e una piccola testa femminile) provengono da un altro sito archeologico portato alla luce nell’area della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, ai piedi di Montedoro.

I secolo a.C.. L’esplorazione archeologica eseguita in località Paterno di Eboli ha portato alla scoperta di un complesso di strutture appartenenti a una villa romana edificata nel I sec. a. C. Il reperto esposto è una piccola erma in marmo pavonezzetto, priva del pilastrino a cui originariamente doveva essere applicata; raffigura una testa maschile barbuta con ricca capigliatura riccioluta. La presenza della leontè, la pelle del leone di Nemea ucciso da Ercole, permette l’attribuzione della testa all’eroe famoso per la sua forza.

Medioevo. I materiali esposti all’interno di quella che era la cappellina privata dei frati francescani, provenienti da saggi effettuati in varie località del borgo antico di Eboli, sono relativi a un periodo omogeneo del basso medioevo (XIII secolo). Per la maggior parte si tratta di ceramiche invetriate e frammenti di contenitori in vetro decorati da listelli o bugne. L’unico manufatto metallico è una pregevole brocchetta in bronzo, recuperata in una fossa di scarico, La documentazione archeologica colloca il sito ebolitano, nel Medioevo uno dei principali centri abitati del salernitano dopo Salerno e Cava de’ Tirreni, al centro di una vasta rete di uomini, beni e conoscenze.

Oltre alla documentazione relativa ad Eboli il percorso museale prevede una esemplificazione dei reperti rinvenuti nel comune di Campagna e ad Oliveto Citra.