Cosa manca al remote working per diventare smart

Cosa manca al remote working per diventare smart

1 Giugno 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

Si fa presto a dire smart working. Attenzione, però, a non confonderlo con il semplice remote working: sembrano uguali ma in realtà si tratta di due cose molto diverse. Finalmente si sta prendendo atto che la tecnologia abbia apportato dei contributi fondamentali sia sul piano dello sviluppo individuale che collettivo. Se prima eravamo tutti pervasi da una nota di scetticismo in merito al lavoro svolto a distanza, oggi ci siamo imbattuti nella necessità di sfruttarlo non potendo fare a meno di riconoscerne gli innumerevoli benefici.

Certo è che sul concetto di smart working ancora ci siano degli aspetti da sottolineare. Il lavoro ‘agile’’, infatti, è ben diverso dal lavoro da remoto. In Italia probabilmente stiamo vivendo l’esperienza della seconda definizione di lavoro, quella a distanza ma non realmente smart. Infatti, non potendo uscire per necessità e per rispetto delle norme anti-contagio, ci stiamo rapportando con una forma di lavoro che si è semplicemente adattata all’ambiente domestico. Si cerca di svolgere le stesse mansioni stando a casa anziché in ufficio, ma questo non lo rende ‘‘agile’’, ma fa riferimento semplicemente alla diversa collocazione fisica. La sola distanza dall’ufficio non ci pone il quesito che dovrebbe farci riflettere su una serie di obiettivi da raggiungere individualmente o, di contro, non ci si palesa la necessaria messa in discussione di tutti gli asset organizzativi e degli strumenti più idonei a riorganizzarsi al meglio. Siamo ancora lontani dal concetto di smart working, ma pienamente allineati con il remote working. Parlando con parole povere, quello che oggi stiamo adottando per convivere con l’impossibilità di affollare le strade e gli spazi comuni è una sorta di telelavoro avanzato. Per evolverci del tutto, dovremmo cambiare il nostro mind set.

Lavorare in modo ‘‘agile’’ significa, non solo accedere ai dati aziendali stando lontano dall’ufficio, ma farlo da qualsiasi luogo. Inoltre, se si ragiona per obiettivi, e non sulla presenza, sarà prevista una certa crescita del rendimento di un dipendente, al contrario di quanto ci si deve aspettare da un lavoratore che continua a operare nello stesso modo ma da casa. ‘‘Smart’’ vuol dire non tutti i giorni della settimana, non entro degli orari stabiliti ma a quelle condizioni e per un dato obiettivo. Pertanto, potrebbe essere il caso che l’Italia rifletta su una possibile trasformazione della stessa cultura organizzativa aziendale. La tecnologia, abbinata a dei corretti meccanismi di controllo, potrebbe far sentire meno la mancanza di quei rapporti faccia a faccia di cui sembriamo non riuscire a fare a meno. Ormai è possibile raggiungere chiunque in ogni dove con elevata qualità della comunicazione e con un notevole risparmio in termini di risorse come tempo, spazio e soldi. Il telelavoro, con cui ci stiamo rapportando, in sintesi, è il primo passo in avanti verso una maturazione e una consapevolezza diversa rispetto alle opportunità del mondo digitale.

Di Emanuela Di Rauso

Bibliografia:

1) Il Sole 24 ore, Smart working – A lavoro da casa 2020

2) Alicia Aradilla Telelavoro Come rendere veramente smart il lavoro da casa

Corbaccio, 2020