Centosessant’anni dall’unificazione d’Italia

Centosessant’anni dall’unificazione d’Italia

17 Marzo 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

Sono oggi trascorsi centosessant’anni dall’Unità d’Italia. Centosessant’anni da quando, il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II è proclamato re d’Italia. Centosessant’anni fra mutamenti, conflitti mondiali, regimi, miracolo economico, anni di piombo, crolli di sistemi politici, crisi economiche e pandemia. Un riassunto niente male. Ripercorriamo brevemente gli eventi che hanno portato alla nascita del Belpaese.

Personaggio chiave dell’unificazione è Camillo Benso conte di Cavour, che nel 1852 è a capo del governo piemontese. Cerca di modernizzare l’economia riducendo tariffe doganali, costruendo grandi opere di irrigazione e incoraggiando lo sviluppo di fabbriche e ferrovie. Il più grande progetto del conte però è l’unificazione Italia. Non può farcela da solo, e ha bisogno di alleati. Manda truppe in Crimea nel settembre del 1854, per fiancheggiare Inghilterra e Francia contro l’impero russo. Alla fine del conflitto può quindi sedersi al tavolo dei vincitori nel febbraio 1856, e richiamare l’attenzione di francesi e inglesi sulla difficile situazione italiana, sottoposta a dominio austriaco. Le potenze europee, in seguito alle pressioni anglo-francesi, accettarono infatti di discutere nella seduta del 6 aprile 1856 di una «questione italiana». Questa era incentrata su due temi: l’indesiderabilità di continuare a tollerare un’occupazione militare per un verso (Legazioni) austriaca, per l’altro (Roma) francese all’interno di aree tanto significative dello Stato pontificio; poi la condanna del governo del re delle Due Sicilie, da tempo biasimati, soprattutto nella liberale Gran Bretagna, per la loro presunta o reale brutalità, che li rendeva inaccettabili rispetto agli standard ritenuti appropriati a un Paese civile, nonché possibili pretesti di indesiderabili iniziative rivoluzionarie.

Il 21 luglio 1858 Cavour riesce a incontrare Napoleone III a Plombières, concordando i noti “accordi di Plombières”. Questi prevedono il protettorato francese in caso di conflitti con l’Austria da lei provocati (oltre al matrimonio tra un cugino trentaseienne di Napoleone e la poco più che quindicenne e religiosissima principessa Clotilde di Savoia). Il conte piemontese è alla ricerca del casus belli che gli permettesse di reprimere definitivamente l’oppressione austriaca. Ci riesce quando comincia a rafforzare i propri contingenti militari, affiancando all’esercito un corpo armato di volontari guidati da Giuseppe Garibaldi, i “Cacciatori delle Alpi”. L’Austria, irritata dal gesto, chiede il disarmo immediato dei soldati garibaldini. Al rifiuto della richiesta, dichiara guerra ai piemontesi. Come da accordi, la Francia di Napoleone III interviene in supporto di Regno di Sardegna, il 26 aprile 1859. Gli austriaci sono definitivamente sconfitti a Solferino e San Marino, a fine giugno 1859. A rimettere tutto in discussione è l’Armistizio di Villafranca che Napoleone III firma con gli austriaci, col quale si pattuisce la cessione della Lombardia da parte dell’Austria alla Francia e da questa al Regno di Sardegna, ma anche l’immediata ricollocazione dei «piccoli principi» dell’Italia padana e della Toscana sui rispettivi troni, e così pure il ritorno all’ordine nelle province pontificie ribelli, nel quadro del rilancio di quel progetto di istituzione di una confederazione italiana sotto la presidenza del papa, di cui Napoleone III e Cavour hanno cominciato a parlare già a Plombières. In cambio, la Savoia e Nizza passa sotto il governo francese.

Nel frattempo il Regno delle due Sicilie è sotto la monarchia assoluta dei Borbone. Nel 1860 Giuseppe Garibaldi, patriota e condottiero di origine nizzarda, parte coi noti Mille da Quarto, nei pressi di Genova, per liberare il Sud dal dominio borbonico. Dopo lo sbarco a Marsala, in Sicilia, Garibaldi dichiarò di assumere il comando in nome di Vittorio Emanuele II, e poco a poco, risalì con le sue truppe la Penisola fino a Teano, in cui si incontrò con il re sabaudo. Il Regno di Sardegna nel frattempo aveva battuto l’esercito pontificio nella Battaglia di Castelfidardo e sancì l’annessione delle Marche e dell’Umbria al Regno sabaudo. L’Italia è ora unificata. Il 17 marzo 1861, il parlamento nazionale riunito a Torino, capitale del regno di Sardegna, proclama la nascita del Regno D’Italia, avente come primo re Vittorio Emanuele II.

Inaugurazione del Parlamento a Palazzo Madama il 2 aprile 1860, di Pietro Tetar van Elven, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, Torino.

“L’Italia, colpita duramente dall’emergenza sanitaria, ha dimostrato ancora una volta spirito di democrazia, di unità e di coesione. Nel distanziamento imposto dalle misure di contenimento della pandemia ci siamo ritrovati più vicini e consapevoli di appartenere a una comunità capace di risollevarsi dalle avversità e di rinnovarsi”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una dichiarazione rilasciata in occasione della “Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”. “Il coronamento del sogno risorgimentale ha suggellato l’identità di Nazione, che trae origine dalla nostra storia più antica e dalla nostra cultura. Le generazioni che ci hanno preceduto, superando insieme i momenti più difficili, ci hanno donato un Paese libero, prospero e unito. Rivolgo un deferente pensiero e l’omaggio di tutto il popolo italiano ai cittadini che hanno contribuito a costruire il nostro Paese”. Queste le parole del Presidente che sottolinea che “la Repubblica, per scelta degli italiani, è la massima espressione dell’Unità nazionale e l’Inno e la Bandiera sono i simboli più cari e riconosciuti della nostra Patria. La celebrazione odierna – continua Mattarella – ci esorta nuovamente a un impegno comune e condiviso, nel quadro del progetto europeo, per edificare un Paese più unito e solido, condizione necessaria per una rinnovata prosperità e uno sviluppo equo e sostenibile”.

La pandemia avrà anche aumentato il senso di coesione presente in moltissimi cittadini. Ma ha anche aperto la strada a tante nuove disuguaglianze che pian piano rischiano di sfaldare un tessuto sociale già fragile. Per l’Unità c’è ancora molto da affrontare e superare.

Di Francesco Mazzariello