Quarantatré anni fa la strage di via Fani

Quarantatré anni fa la strage di via Fani

16 Marzo 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

“Ci separano quarantatré anni dal disumano assassinio in Roma, ad opera dei terroristi delle brigate rosse, di Oreste LeonardiDomenico RicciGiulio Rivera, Francesco ZizziRaffaele Iozzino. Difensori dello Stato di diritto, della libertà e della democrazia della Repubblica, pagarono con la vita il mandato loro affidato di proteggere Aldo Moro, statista insigne, presidente della Democrazia Cristiana, il cui calvario sarebbe durato sino al successivo 9 maggio quando il suo corpo venne fatto ritrovare in via Caetani”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aggiunge: “Una data, quella del 16 marzo 1978, incancellabile nella coscienza del popolo italiano”.

Alle 10:00 di quel giorno avrebbe dovuto presentarsi in Parlamento il nuovo governo di “solidarietà nazionale”, avente come capo dell’esecutivo Giulio Andreotti. Alle 09:03 arriva una prima chiamata anonima al 113; una voce parla di una sparatoria in via Fani, Roma Nord. Vittime sono, appunto, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, i cinque uomini della scorta di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. Quest’ultimo, invece, viene rapito.

Le Brigate Rosse rivendicano l’attentato, alle 10:05. Di qui si susseguirono lettere di Moro indirizzate ai suoi membri di partito, accesi dibattiti fra parti politiche riguardanti eventuali trattative coi sequestratori (il PCI si rifiutava, il PSI era favorevole, la DC si spaccò al proprio interno), un appello di Papa Paolo VI (“Vi prego in ginocchio: liberate Moro”). Quei cinquantacinque giorni di confusione e instabilità, culminarono con l’assassinio del politico democristiano, il cui cadavere fu ritrovato in una Renault 4 rossa, in via Caetani, il 9 maggio 1978.

Tutto ciò avvenne probabilmente perché le Brigate Rosse avrebbero voluto dimostrare la debolezza dello Stato e incrementare i propri seguaci, puntando a trasformare il terrorismo in un fenomeno di massa. Fu invece qualcosa di inaudito che evidenziò la gravità del movimento terroristico, rendendo la stigmatizzazione pubblica forse uno dei primi elementi della fine del terrorismo stesso. Questo tragico episodio va però inquadrato in un contesto decisamente più ampio che una semplice questione nazionale. Del resto, ci si trovava nel mezzo della Guerra Fredda.

“Lo sprezzo per la vita delle persone, nel folle delirio brigatista, lo sgomento per un attacco che puntava a destabilizzare la vita democratica italiana, rimangono una ferita e un monito per la storia della nostra comunità. Sono vite strappate agli affetti familiari da una violenza sanguinaria, sono lacerazioni insanabili. Alle vittime va un pensiero commosso e ai familiari la solidarietà più intensa, che il trascorrere degli anni non ha mai indebolito” continua il Presidente della Repubblica.

“La democrazia italiana venne privata, in quell’agguato, di uno dei leader più autorevoli e capaci di visione. Il corso della storia repubblicana ne fu segnato. In quei terribili giorni- aggiunge- si fece strada un forte sentimento di unità, diffuso nel Paese e che fu decisivo per isolare le bande del terrore, per respingere i loro folli progetti e le insinuazioni della loro propaganda”. “Una unità che si tradusse in più avvertita responsabilità verso il valore delle istituzioni democratiche, garanzia delle libertà scolpite nella Costituzione”, conclude Mattarella.

Di Francesco Mazzariello