I detenuti salvano i Processi Moro digitalizzandoli
30 Ottobre 2020«Mi è stato detto con tutta chiarezza che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto – come presidente della DC – ad un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità… ». Fra le 550mila pagine che raccontano il sequestro, l’assassinio dello statista, le Brigate Rosse e gli anni di piombo, ma anche tutto il dramma di uomo ridotto in prigionia, c’è anche la lettera di Aldo Moro a Francesco Cossiga, recapitata il 29 marzo 1978.
A 42 anni dall’accaduto la digitalizzazione di questa enorme e importantissima documentazione si sta svolgendo al carcere Rebibbia di Roma. Qui sette detenuti, alle prese con carte giudiziarie e scanner, lavorano per rendere immateriali e più accessibili queste testimonianze. Lavorano per salvare anche dall’incuria del tempo un pezzo drammatico della storia d’Italia. E proprio in questi giorni hanno concluso tutte le operazioni riguardanti il primo procedimento istruttorio del primo processo (il cosiddetto “Moro uno”). Dopo una sospensione di qualche mese a causa dell’epidemia, il progetto è rientrato nel vivo quest’estate. Ad oggi i reclusi, rigorosamente in mascherina, operano in un ambiente videosorvegliato nella casa circondariale e scansionano le carte che compongono i fascicoli nell’ordine preciso in cui le trovano, sotto la costante supervisione di tre archivisti-formatori.
A guidare l’equipe formata da Maria Carmela De Marino, Paolo Musio ed Elvira Grantaliano è il professor Michele Di Sivo che nel 2017 ha avviato, insieme a loro, a Eleonora Lattanzi, Enzo Pio Pignatiello e alla restauratrice Alessandra Terrei, lo studio preparatorio della documentazione. Poi, il contenuto delle carte è stato inserito nella banca dati dell’Archivio di Stato di Roma e i faldoni sono stati trasportati dalla Corte di Assise di San Basilio a Rebibbia. In una fase iniziale i detenuti “scelti” per questa attività, hanno dovuto seguire corsi di formazione ed oggi possono vedere e toccare con mano testimonianze cruciali della storia dell’Italia. «All’inizio ho posto un’unica condizione nella scelta dei partecipanti: che fossero detenuti non politici – racconta Di Sivo -. Visto l’argomento mi sembrava necessario. Per loro si sta rivelando un’esperienza forte, sia per i più anziani che ricordano di aver vissuto quel periodo e addirittura cosa stavano facendo quando arrivò la notizia del ritrovamento del corpo, sia per i più giovani che all’inizio nemmeno sapevano chi fosse Aldo Moro. Molti ci hanno detto di essere rimasti colpiti dai volantini e comunicati delle Br. Tutti, alla fine, hanno compreso la portata politica enorme di questa vicenda, mostrando istintivamente solidarietà umana allo statista democristiano».
Del progetto, promosso dal Ministero della Giustizia e da quello dei Beni Culturali, è molto soddisfatta anche la direttrice del carcere Rosella Santoro: «È una bellissima iniziativa e i detenuti che vi partecipano sono molto bravi». I tutor che prima venivano tre volte a settimana ora varcano i cancelli di Rebibbia quasi tutti i giorni: bisogna digitalizzare il “Moro bis”, poi il dibattimento e, quindi, proseguire con gli altri tre processi. Tempo stimato: almeno due anni ancora. De Marino, una libera professionista in questo lavoro ci sta mettendo cervello e cuore. «Per me è un’esperienza di alto spessore professionale e soprattutto umano», commenta. Definisce i sette reclusi con cui opera «motivati, pieni di tatto e sensibilità. Si crea un confronto continuo e produttivo – continua -. Si dimostrano propositivi, ciascuno secondo le proprie competenze. Dimostrano profonda gratitudine per questa opportunità di riflettere, crescere e impiegare il loro tempo in modo produttivo. Insomma, si è creato un clima di fiducia. Soprattutto tra i più giovani pensano che bisognerebbe onorare il sacrificio di Aldo Moro. Non escludo, considerato l’interesse dimostrato, che un domani alcuni di loro possano intraprendere studi nel settore dei beni culturali e in particolare degli archivi». Uno degli esiti di questo lavoro è stata anche la pubblicazione del “Memoriale di Aldo Moro, 1978. Edizione critica” diretto dallo stesso Di Sivo. I detenuti gli hanno chiesto di presentarlo in carcere. «Superata la crisi Covid – assicura lui – manterrò questa promessa».