Disuguaglianze redditi: Italia tra i peggiori in Europa
18 Febbraio 2021Rapportato al panorama europeo, le disuguaglianze fra redditi in Italia sono le più alte. Misuratore di disuguaglianze è l’indice di Gini, che deve il suo nome a Corrado Gini, l’economista italiano che l’ha teorizzato. È compreso fra 0 e 1 o fra 0 e 100. Nel caso delle elaborazioni openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat, fra 0 e 100.
A livello europeo, il dato medio per il 2019 è 30,7. Supera ampiamente tale quota la Bulgaria (40,8, 10 punti in più rispetto alla media Ue). Seguono altri stati dell’area baltica e orientale (Lituania, 35,4; Lettonia, 35,2; Romania, 34,8). I primi paesi dell’Europa occidentale sono, nell’ordine, Regno Unito (33,5 nel 2018, dato 2019 non disponibile), Spagna (33) e Italia (32,8).
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 17 Dicembre 2020)
Questo tipo di divari alimenta (e allo stesso viene alimentato) dalla bassa mobilità sociale nel nostro paese. Il percorso scolastico dei figli è ancora molto legato alla famiglia d’origine, con la conseguenza che i divari di partenza si ereditano di generazione in generazione. È questo il meccanismo per cui tanti bambini e ragazzi finiscono nella trappola della povertà educativa: nascere in una famiglia con meno mezzi, economici e culturali, significa spesso non avere a disposizione le stesse opportunità educative e sociali degli altri ragazzi.
La disparità nei redditi, e in generale nelle condizioni economiche delle famiglie, in particolare tra quelle con figli, è un tema chiave nel contrasto della povertà educativa.
Per questa ragione, è fondamentale dotarsi di strumenti in grado di monitorare queste disuguaglianze anche a livello locale. Una sfida non semplice, data la carenza di dati a un simile livello di disaggregazione e per la presenza di fattori (come l’evasione fiscale) che possono compromettere l’analisi. Una fonte utile per questo tipo di analisi è quella sviluppata nell’ambito del programma di ricerca di interesse nazionale (Prin-Postmetropoli), i cui dati sono inseriti tra gli indicatori delle politiche urbane raccolti dal governo. Si tratta di una stima dell’indice di Gini a livello comunale (basata sull’imponibile Irpef del 2012). Purtroppo la granularità dei dati non ha consentito un’analisi sul reddito delle singole famiglie, ma su sottogruppi di popolazione (assunti come omogenei), perciò l’indicatore offre una sottostima del livello di disuguaglianza.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (Indicatori per le politiche urbane)
(ultimo aggiornamento: lunedì 31 Dicembre 2012)
Isolando le 10 città maggiori per un confronto più omogeneo, i primi 3 comuni italiani per popolazione sono anche quelli con l’indice di Gini più elevato (Milano, 0,26; Roma e Napoli 0,24). Mentre appare sensibilmente più contenuto il dato di Bologna (0,22), Torino (0,22) e Genova (0,21). Tra i capoluoghi di provincia, oltre alle città già citate, ai primi posti compaiono anche Bergamo (0,25), Lecce (0,24) e Padova (0,24).