Il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe

Il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe

10 Febbraio 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

Dal 2005, a seguito dell’istituzione nel 2004, in Italia si celebra il Giorno del Ricordo. La giornata è dedicata alla commemorazione delle vittime delle foibe.

Cosa sono innanzitutto le foibe? Il dizionario Garzanti ci dice che una foiba è una “depressione carsica a forma di imbuto, sul fondo della quale si apre una profonda spaccatura che assorbe le acque; in alcuni conflitti bellici, specialmente nella seconda guerra mondiale, fu utilizzata come fossa per nascondere cadaveri”. La parte che ci interessa è la seconda.

Durante la seconda guerra mondiale, la Resistenza si sviluppò con modalità e caratteristiche diverse a seconda del luogo: è quindi il caso di parlare di Resistenze. Nell’URSS fu soprattutto una guerriglia di appoggio all’Armata rossa, che si svolse nelle sterminate retrovie tedesche. Eccezion fatta per la Cecoslovacchia (dove il Fronte nazionale antitedesco promosse l’insurrezione della Slovacchia), nell’Europa orientale e nei Balcani la Resistenza fu divisa tra fiancheggiatori e oppositori dell’Armata rossa. Il movimento più forte lì fu quello jugoslavo, che riuscì a creare un vero esercito capace di provocare ingenti perdite a italiani e tedeschi e di liberare il Paese. La Resistenza jugoslava fu tuttavia segnata da duri contrasti interni. Si sviluppò infatti un movimento nazionalista serbo (i Cetnici, cioè “banditi”) con a capo il generale Draza Mihajlovic, che combatté contemporaneamente tedeschi, musulmani e croati, intrattenendo ambigui rapporti con le forze di occupazione italiane in odio ai partigiani comunisti. Questi ultimi, guidati dal croato Josip Broz, comunemente conosciuto come Tito (1892-1980), riuscirono a conquistare l’appoggio degli inglesi, che inviarono loro aiuti consistenti riconoscendone l’importanza militare e lavorando per un compromesso fra governo monarchico (in esilio) e partigiani. Nei fatti il controllo della situazione restò nelle mani di Tito, che conquistò anche l’Istria e la Dalmazia. Questi episodi vollero dire però una cosa: rastrellamenti; il cui simbolo sono le foibe. Torniamo qui alla seconda parte della definizione iniziale. In due momenti distinti, in queste grotte, si scatenano due ondate di violenza. La prima si verifica nel settembre-ottobre del 1943, in Istria. In questa circostanza vengono giustiziati e “infoibati”, cioè gettati nelle cavità, circa 500- 600 militari italiani. Una seconda fase, molto più grave, avviene nel maggio-giugno del 1945, con strascichi che proseguono nei mesi successivi fino al 1946. Triste palcoscenico di questa seconda ondata di violenze sono Trieste, Gorizia e Fiume, occupate sempre dalle truppe jugoslave. In questo periodo settori delle truppe comuniste jugoslave, dell’Organ Zastite Naroda Armije, Ozna (cioè la polizia politica comunista jugoslava) e della Guardia del Popolo (la polizia dipendente dalle autorità civili jugoslave) compiono brutali azioni repressive contro quelli che vengono considerati oppositori del nuovo potere comunista in via di formazione: vittime delle azioni sono militari della Repubblica Sociale Italiana, esponenti fascisti locali, ma anche membri non comunisti del Cln della Venezia Giulia, della Guardia di finanza italiana della legione di Trieste, che hanno collaborato col Cln italiano. In qualche caso anche comunisti italiani che hanno manifestato dissensi nei confronti delle autorità jugoslave; e anche tantissimi semplici civili italiani. Tra le vittime istriane ci sono anche, sebbene in cifre molto minori, sloveni e croati anticomunisti o accusati di collaborazionismo (i croati collaborazionisti, spesso ex membri delle formazioni Ustasa, giustiziati dai comunisti jugoslavi in altre parti del paese, sono molto più numerosi). Particolarmente note sono la “foiba dei colombi” di Vines, in Istria (nella attuale Repubblica di Croazia), dalla quale vennero recuperati, nel 1943, ben 84 corpi, e il pozzo di Basovizza, nei pressi di Trieste, divenuto poi monumento nazionale, in cui nel 1945 venne gettato un numero imprecisato di persone. Il totale delle vittime delle foibe si attesta su qualche migliaio.

Proprio a Basovizza, divenuto monumento nazionale alle stragi delle foibe, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato con il Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor, il 13 luglio 2020, dopo essere stato anche alla Narodni Dom. Esattamente cento anni prima gli squadristi incendiarono. “Narodni dom” in sloveno significa Casa del popolo o Casa nazionale. Il palazzo fu incendiato il 13 luglio 1920 dagli squadristi fascisti dopo una violenta campagna anti-slovena. Lo storico Rendo De Felice descrisse quel rogo “il vero battesimo dello squadrismo organizzato”. Pahor è stato il primo presidente di uno dei Paesi nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia a commemorare le vittime italiane delle foibe. I due presidenti deposero una corona di fiori alla foiba di Basovizza e al monumento dei caduti sloveni. Qui abbiamo visto la storia lasciare un segno sulla pelle delle persone coscienti. Qui abbiamo visto la rara capacità di recidere vecchi e pesantissimi rancori serbati. Qui abbiamo visto la saggezza e la serietà.

Di Francesco Mazzariello