Svimez: cresce il ruolo delle città medie del Mezzogiorno
25 Novembre 2020L’armatura urbana meridionale sembra aver perduto la sua capitale, Napoli, che continua ad essere la città più rappresentativa del Mezzogiorno ma non ne è più l’unica guida. La leadership partenopea, quel sentimento di identificazione tale da far classificare come «napoletano» tutto ciò che fosse meridionale, si è andata gradualmente riducendo, anche a causa dei recenti fenomeni di calo demografico e perdita di possibilità occupazionali. È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2020 sull’Economia e la Società del Mezzogiorno.
Il ruolo delle città medie
Nel frattempo, altre città hanno saputo rafforzare il proprio ruolo e le proprie funzioni nella rete urbana campana (Caserta, Salerno) e meridionale (soprattutto Bari e Palermo). Obiettivi prioritari per sostenere la rete di città medie che si va formando o per rivitalizzare le medie e le piccole città in declino e la loro base economica riguardano la necessità di individuare e provvedere a dotazioni mirate di infrastrutture e servizi materiali e immateriali. La costruzione di network di cooperazione e il potenziamento della rete di infrastrutture di comunicazione e di trasporto, in modo da consentire una elevata accessibilità interna all’area metropolitana vasta e al suo mercato interno, appare in tal senso una condizione imprescindibile.
Diverse città medie mostrano meno contraddittorie condizioni socioeconomiche: Benevento, Avellino, Isernia, Campobasso, Termoli, Avezzano, Aquila, Sulmona (tra Napoli-Roma); le città della prima e della seconda fascia costiera tra 38 Puglia, Campania, Molise, Abruzzo; i centri della Puglia meridionale, che fungono da raccordo territoriale tra Bari-Taranto e la Basilicata (Potenza, Melfi, Matera); così come i centri medi della Campania meridionale (Sala Consilina, Vallo della Lucania) nei confronti dei minori centri lucani e della Calabria centro-settentrionale. Pur non costituendo ancora, come nel Nord, un’alternativa alle criticità economiche e sociali dei grandi centri metropolitani, queste città di medie dimensioni condividono delle rilevanti potenzialità per intraprendere percorsi virtuosi da sostenere con politiche generali adeguate.
La «questione urbana» irrisolta del Mezzogiorno
La grande «questione urbana» irrisolta del Mezzogiorno, che consiste nella accentuata concentrazione di popolazione e di servizi (comunque insufficienti) lungo la direttrice tirrenica tra Salerno-Napoli-Roma, non ha ancora raggiunto sufficienti livelli di integrazione regionale e interregionale lungo quella adriatico-ionica, che appare demograficamente meno consistente e più debole in termini di armatura di servizi qualificati. Si configura dunque, tra Tirreno e Adriatico, una sorta di quadrato i cui vertici congiungono le aree metropolitane di Napoli, Roma, Bari e la grande area urbana di Chieti-Pescara. In modo obliquo, all’interno di esso, si sono formati e vanno formando poli urbani minori di riequilibrio frammisti ad ancora troppi vuoti e costituiti, generalmente, dagli attuali capoluoghi provinciali e regionali. Le città del Mezzogiorno sono oggi problema e soluzione insieme. Sono i luoghi dell’insostenibilità che possono diventare laboratorio di nuove politiche per l’ambiente, i luoghi della crisi economica che possono diventare laboratori di innovazione, i luoghi del disagio, dell’esclusione sociale e delle disuguaglianze che possono divenire territori di integrazione. È dalla questione urbana, dunque, che passa l’intera questione meridionale.