Quel giorno che la terrà tremò: Laviano anno zero
23 Novembre 2020Laviano, Comune in Provincia di Salerno, è una ferita aperta nel cuore del terremoto. 303 morti su 1300 residenti e un paese completamente distrutto da quel «gigante impazzito». Così lo chiama Gerardo, lui che ancora oggi grazie alla sua associazione (“Il cratere” ndr) si occupa di terremoto e di memoria. Per lui, salernitano ma originario di Laviano, il 23 novembre è un ricordo che si ripresenta quotidianamente perchè è come se in quel giorno avesse perso un pezzo di vita.
LAVIANO DISTRUTTA – «Laviano è il luogo della mia infanzia, della mia prima adolescenza. Avevo 17 anni nel 1980 e per la prima volta, complici i primi amori, decisi di non passare l’estate lì. Potessi tornare indietro, potessi decidere diversamente. Adesso avrei un ricordo dell’ultima estate con Diego e Fausto, i miei cugini, prima che la notte li inghiottisse per sempre» racconta Gerardo che ricorda: «Nella mia esperienza di ragazzo salernitano allora 17enne tutto all’inizio ebbe l’apparenza del gioco. Restare in strada tutta la notte, ritrovare gli amici e andare in giro con loro per la città. Le radio però cominciavano a definire i contorni di una tragedia che di ora in ora diventava sempre più grande».
Ed ecco che quello che all’apparenza sembrava solo un grande spavento diviene tragedia: «Di Laviano nessuna notizia. Provammo a telefonare ai nostri parenti del luogo e il telefono sembrava squillare regolarmente, pensammo fossero per strada accampati. Poi piano piano quel nome cominciò a comparire nelle cronache ed avemmo ben presto la dimensione di quello che era successo al paesino di tutte le mie estati fino ad allora. Distrutto, schiacciato, calpestato da un gigante impazzito: 1300 residenti quella sera, 304 morti».
Resta lo spazio per i ricordi di un posto che non tornerà mai più come prima: «Ogni giorno penso al mio paese, a come era bello, alla sensazioni semplici che mi trasmetteva, alla sirena del comune che avvisava che era ora di pranzo perchè anche i contadini delle terre più distanti potessero sapere che era finalmente ora di mangiare. La festa patronale, i fuochi d’artificio, le partite a pallone con i miei cugini che ancora oggi mi risuonano nella mente».
GRAZIE A PONTECAGNANO – «All’improvviso una mattina compaiono i superstiti: un mio zio, custode dell’Istituto Agrario in località Lamia al confine con Pontecagnano, si era fatto dare il pullman della scuola dal preside, era andato a Laviano e aveva portato con sè tutti i parenti ed amici superstiti che era riuscito a caricare. L’Istituto divenne così la casa per molti lavianesi provenienti dall’inferno.- racconta Gerardo – Il Comune di Pontecagnano, ricordo, appresa la notizia della presenza di lavianesi nella scuola venne a montare dei letti e le aule furone presto trasformate in camerate. Siamo rimasti in quella scuola per tanto tempo, forse un mese. Fu lì che venni a sapere della morte dei miei cugini. Ogni volta che paso davanti a quella scuola ripenso a quei giorni. Volevo dare questo piccolo contributo per ringraziare, a distanza di 30 anni, la comunità di Pontecagnano per l’affetto e la disponibilità dimostrate in quella tragica occasione».
(2. Continua)