Muro di Berlino: cos’è rimasto di quella notte di novembre?

Muro di Berlino: cos’è rimasto di quella notte di novembre?

10 Novembre 2020 0 Di Arianna Bruno

Il 9 novembre 1989 è una data che resterà marchiata a fuoco nella storia del Novecento.

L’inizio della fine del Secolo Breve teorizzato dal grande storico inglese Eric Hobsbawm, che terminerà con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, ha trascinato con sé le storie ed i sogni che si sono infranti contro quel muro, che più di ogni altro confine ha segnato il limite fra la libertà di espressione e le rigide e severe prescrizioni del sistema socialista, controllato da organizzazioni che cambiavano nome di Paese in Paese (vedi la Stasi in Germania Est e la Securitate in Romania) ma non i metodi.

Un controllo poliziesco sulle «Vite degli altri», come il titolo del bellissimo film di Florian Henckel von Donnersmarck dedicato proprio alla Germania Est, spazzato via dalla caduta del Muro di Berlino e dalla successiva caduta di tutti i regimi instaurati nei Paesi dell’Europa Orientale.

Crolli che, come in un gioco dei contrari, fra i giovani che affollavano le piazze delle capitali dell’Est hanno assunto un solo significato: libertà. Un valore coltivato negli anni della resistenza silenziosa ed esploso in tutta la sua spontaneità dopo quel 9 novembre, data in cui sembrò realizzarsi davvero il sogno di un’Europa unita.

Lo spirito che ha animato quelle notti e le settimane successive affondava le sue radici negli anni passati ad allungare lo sguardo oltre la ormai stanca retorica socialista ed ad ascoltare di nascosto i Depeche Mode, vera e propria band di culto nella Germania Est.

La loro musica, ad esempio, ha rappresentato per migliaia di ragazzi della Ddr una finestra sull’arte libera, su un mondo che hanno cominciato a conoscere proprio grazie al linguaggio universale della musica, capace di superare barriere e confini.

Ma cosa ci è rimasto a 31 anni di distanza da quei giorni e quelle notti di festa? All’apparenza poco o nulla; alcuni Paesi dell’Est Europa, dopo l’euforia dei primi anni Duemila (legata all’ingresso nell’Ue), si sono ritrovati in balia di ondate illiberali che ne hanno messo a rischio la tenuta democratica; l’Europa, a lungo cullata dai sogni di prosperità ed apertura culturale, non è riuscita a dotarsi di una linea comune fra gli Stati membri, impegnati in un’aspra contrapposizione sui vari temi (migranti ed economia su tutti) sedata solo dallo scoppio della pandemia da Covid-19.

In realtà, però, qualcosa è rimasto: l’impressione che la fiamma della speranza che riscaldò quelle notti di 31 anni fa non si sia ancora spenta.

Sta a noi tenerla viva ed alimentarla giorno dopo giorno.

di Alessandro Mazzaro