Il 29 luglio 1976 Tina Anselmi fu la prima donna a divenire ministro

Il 29 luglio 1976 Tina Anselmi fu la prima donna a divenire ministro

29 Luglio 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Immaginate cosa sarebbe successo, durante questo periodo straziante, se il Sistema Sanitario Nazionale fosse stato a pagamento. Forse per rendercene conto basta pensare a Hart Island, località divenuta scenario di fosse comuni per poveri statunitensi morti per strada, fuori dalle strutture ospedaliere, senza sapere se fossero stati o meno contagiati dal Covid. Se Hart Island per noi è un orrore assolutamente inimmaginabile, dobbiamo ringraziare una persona, oltre che, ovviamente, gli strenui combattenti impegnati in prima linea nell’emergenza sanitaria. Quella persona è Tina Anselmi, e il 29 luglio 1976 fu la prima donna al governo. Per la precisione, Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale nel governo Andreotti III, e se siamo riusiciti a reggere (più o meno bene) durante l’emergenza, le siamo debitori.

Tina Anselmi è principalmente nota per la sua attività politica. Ma esattamente come Sandro Pertini, aveva già vissuto diverse vite in una prima di divenire personaggio politico rilevante. Nata a Castelfranco Veneto (TV) il 25 marzo 1927, frequenta l’istituto magistrale a Bassano del Grappa. Qui il 26 settembre 1944 viene costretta, insieme ad altri studenti, ad assistere all’impiccagione compiuta dai nazifascisti di più di trenta prigionieri per rappresaglia. Decide, poco più che diciassettenne, di prendere parte alla Resistenza col nome di battaglia “Gabriella”, divenendo staffetta della brigata “Cesare Battisti” guidata da Gino Sartor, prima di passare al Comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà.

Terminata la Seconda guerra mondiale, si iscrive all’Università Cattolica di Milano (nel frattempo era entrata a far parte della Democrazia Cristiana, prendendo parte attivamente alla vita di partito), dove si laurea in Lettere. Diventa poi insegnante alle scuole elementari, e nel frattempo si dedica all’attività sindacale nella Cgil, prima di passare alla Cisl (fondata nel 1950): se tra il 1945 e il 1948 era stata dirigente del sindacato dei tessili, tra il 1948 e il 1955 fa parte del sindacato degli insegnanti elementari. Nel 1963 viene eletta nel comitato direttivo dell’Unione europea femminile, organismo di cui – nello stesso anno – diventa vicepresidente. Abbandonato l’incarico di rappresentante dei giovani della DC, nel 1968 viene eletta deputata per il partito nella circoscrizione Venezia-Treviso.
E arriviamo poi al 29 luglio 1976, quando viene investita della carica di Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale. In seguito, sempre con Giulio Andreotti presidente del Consiglio, è anche ministro della Sanità (negli esecutivi Andreotti IV e Andreotti V), contribuendo in maniera decisiva alla formulazione della riforma che porta alla nascita del Servizio Sanitario Nazionale. Durante il suo ministero alla Sanità (1978-1979), vengono approvate tre leggi pilastro della nostra storia civile e collettiva: la legge che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale (legge 833 del 1978) fortemente voluta dalla ministra, la riforma dell’assistenza psichiatrica (legge 180 del 1978, la “Legge Basaglia”) legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza del 1978, Riguardo quest’ultima, da cattolica rigorosa qual’era, non oppose resistenza ad apporre la sua firma su una legge che veniva chiesta a gran voce, mostrando senso di Stato consapevolezza di essere una rappresentante di volontà popolare. Altri tempi.

Vorremmo tanto che d’ora in poi, a fronte della costante riduzione di risorse pubbliche desinate alla sanità da diversi anni a questa parte, figure come Tina Anselmi venissero ricordate davvero. Semplicemente perché non possiamo permetterci di ignorarle.

Di Francesco Mazzariello