Come cambiano le città? Intervista all’architetto Sassano

Come cambiano le città? Intervista all’architetto Sassano

20 Luglio 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

«La città è un processo complesso. Dopo il Covid-19 si dovrà pensare ad una maggiore flessibilità che ci permetta di affrontare eventi come la pandemia»: parola di Gerardo Sassano, architetto originario di Potenza ed esperto di architettura del paesaggio e di strategie contemporanee di trasformazione del paesaggio urbano e, in particolare, degli spazi pubblici. «Sono cofondatore insieme a un altro architetto e un ingegnere forestale. Il nome dello studio è “Volumezero” perché lavoriamo con superfici e non con volumi – spiega Sassano – Non costruiamo, cerchiamo di riadattare spazi già esistenti. Abbiamo dei collaboratori e ci piace confrontarci. È così che nascono le energie per i progetti».

Le città non sono un processo irreversibile: con un’intelligente realizzazione delle aree verdi possiamo parlare di progresso. È così?
Sì. La città è un processo complesso che vede delle sovrapposizioni nel tempo. Ci sono due modalità di costruire una città. Una più classica, che si basa su grandi progetti, molti investimenti economici e tempi lunghi, e una che prevede sperimentazioni più contemporanee. La prima è quella diffusa nell’urbanistica tradizionale, ma un punto a sfavore della costruzione di grandi opere è che esse spesso non riescano a percepire i cambiamenti della società, dati i lunghi tempi di realizzazione. La seconda permette di stare meglio al passo coi tempi e, se l’opera dovesse risultare utile è poi possibile renderla definitiva.

Come cambia una città dopo il Covid-19?
Potrebbe anche non cambiare. In teoria però ci si dovrebbe muovere verso una maggiore flessibilità per potersi adattare meglio a eventi del genere. Capiteranno altre situazioni, che neanche immaginiamo, che richiederanno un adattamento rapido.

Al Sud paghiamo l’eccessiva voglia di costruire nel secondo dopoguerra. Come interviene un architetto del paesaggio su questo aspetto? 
Bisognerebbe lavorare su quello che è già esistente, perché il continuo consumo di suolo innescano cicli che comportano cambiamenti climatici che potrebbero essere stati una concausa della pandemia. Le zone più inquinate hanno pagato di più in questo periodo.

A proposito di consumo del suolo, a Sud della provincia di Salerno sono presenti numerosi contenitori industriali dismessi. Il problema, spesso, è che il pubblico non ha fondi per intervenire e il privato difficilmente interviene se non c’è ritorno edilizio e quelle strutture restano abbandonate e pericolanti. Cosa si può fare?
Si può provare ad attivare energie di associazionismo, quindi a sollecitare i cittadini e la comunità. Ad esempio il Centola potrebbe essere oggetto di attenzione pubblica.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Da poco abbiamo ultimato dei giardini per Matera 2019, importanti perché noi progettisti abbiamo fatto un passo indietro per venire incontro ai cittadini e alle loro vere esigenze. Noi siamo un tramite. Stiamo facendo ricerche, più che progetti veri e propri, riguardo spazi pedonali o spazi pubblici. Per esempio abbiamo lavorato ai “Giardini in scala” a Potenza. Abbiamo pensato «Cosa succede se le scale, luogo solamente pedonale, diventano dei giardini o un parco pubblico? Probabilmente creiamo un punto d’incontro senza coprire suolo che non sia già coperto».