Il 2 giugno 1946 l’Italia scelse di essere Repubblica

Il 2 giugno 1946 l’Italia scelse di essere Repubblica

2 Giugno 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Oggi a noi sembra normale impugnare una matita per esprimere una preferenza. In realtà, questo elementare ma influente gesto, è frutto di percorsi storici secolari, se non millenari. In particolare, è figlio di una data: il 2 giugno 1946.

Trascorsa l’euforia dei primi mesi successivi alla Liberazione, ci si dovette scontrare con la realtà delle cose: ripartire dalla cenere della deflagrazione della guerra, sembrava la tredicesima fatica di Ercole. Al Nord, le industrie erano riuscite a preservare il 75% delle loro capacità produttive, ma le materie prime e l’energia elettrica per rimette in funzione gli impianti scarseggiava fortemente; la rete stradale e le linee ferroviarie erano quasi interamente danneggiate e oltre un’abitazione su tre era distrutta o danneggiata. I generi alimentari erano limitati e costosi. Dilagavano la criminalità organizzata e la microdelinquenza. Punto di partenza per risolvere l’infinità di problematiche doveva essere, per forza di cose, l’assetto istituzionale. Il governo De Gasperi aveva infatti indetto per il 2 giugno 1946 una doppia tornata elettorale: le elezioni per l’Assemblea costituente e il referendum sulla forma istituzionale dello Stato (monarchia o repubblica?).

Le elezioni per la formazione dell’Assemblea costituente, videro l’assegnazione di 207 seggi alla Democrazia Cristiana, 115 al Partito Socialista Italiano e 104 al Partito Comunista. Fra gli altri, 41 seggi andarono ai liberali, 23 ai repubblicani e 7 agli azionisti. Dopo appena un anno e mezzo, l’Assemblea, seppur con innumerevoli conflitti su questioni chiave, portò a termine il suo compito: redigere quella che sarebbe stata (e tuttora è) la Costituzione italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

Il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, vide come due poli contrapposti la Repubblica e la Monarchia.
Trionfò la Repubblica con circa 12.700.000 voti contro i 10.700.000 a favore della Monarchia. La votazione evidenziò una spaccatura fra Nord e Sud, col Meridione decisamente a favore della Monarchia. Questa dicotomia è frutto di questione storiche, che non sono però il focus della ricorrenza odierna.

Perché quello che simboleggia il 2 giugno, è il riflesso di un elemento caratterizzante del referendum indetto ormai 74 anni fa: il suffragio universale. Per la prima volta, a godere del diritto di voto, far sentire la propria voce, manifestare il proprio orientamento e rendersi partecipi di un cambiamento epocale, furono tutti i cittadini maggiorenni, senza subordinazioni di tipo etnico, culturale, sociale, economico, livello di istruzione, orientamento sessuale, religioso e via discorrendo. Questo elemento è il risultato di decenni di lotte, che trovarono il coronamento con la pubblicazione del decreto legislativo 31 gennaio 1945, noto come “decreto De Gasperi-Togliatti”, in quanto principali firmatari.

Alla Liberazione seguì la possibilità (e forse soprattutto la necessità) di esprimersi e provare a concorrere alle decisioni che avrebbero riguardato tutti, anche il quasi milione e mezzo di astenuti. Perché probabilmente come cantava Gaber “Libertà è partecipazione”. Altrimenti, probabilmente, come disse Pasolini “Chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene”.

Di Francesco Mazzariello