Le direttrici per una politica industriale verso il Sud
6 Maggio 2020Le stime più recenti sulle prospettive di crescita dell’Italia con fermano i segnali di un forte rallentamento, se non di una sostanziale stagnazione del PIL e dei principali indicatori dello sviluppo (ISTAT, 2019; IMF, 2019). Ancora una volta, dunque, il nostro Paese sembra non essere in grado di perseguire un duraturo percorso di crescita, malgrado i segnali di ripresa mostrati negli anni 2015-2017. Il dato strutturale, che come tale non nasce dal presente, ma deriva da una dinamica involutiva almeno ventennale della nostra economia, è quello di un progressivo allontanamento dal centro della catena globale del valore, soprattutto in presenza della contemporanea riconfigurazione dei competitori extraeuropei, oggi in grado di concorrere non più solo dal lato del costo del lavoro, ma anche da quello dell’innovazione tecnologica (Reichlin, 2019).
In questo contesto, particolarmente gravi appaiono i dati sulla condizione economica e sociale del Mezzogiorno, che mostrano una netta riproposizione della divergenza interna, in un quadro però di sostanziale riallineamento verso il basso di tutto il sistema Paese (Pescosolido, 2019). Non hanno certo giovato, di fronte al peggioramento della situazione economica, le politiche attuate dal primo Governo Conte, basate su un modello assistenzialistico, distante dalle esigenze di profonda innovazione della struttura produttiva meridionale.
Sul risveglio del Mezzogiorno e sulla necessità di invertire la tendenza al rallentamento emersa, intensificando un processo di sviluppo duraturo e prevedendo anche misure ponte indispensabili per rispondere alla ancora troppo vasta area di disagio sociale e di miseria, occorre approfondire l’analisi, ponendo al centro delle strategie nazionali i temi dell’attitudine alla crescita produttiva e degli interventi di carattere strutturale, in grado di privilegiare gli investimenti nell’industria e nella logistica.
Il lato oscuro di questa fase del Mezzogiorno, insieme al perdurare di una disoccupazione insostenibile e di ampie fasce di povertà, è rappresentato dalla incapacità di interagire come corpo unitario e dalla mancanza di un tessuto economico e sociale, capace di andare ben oltre l’individualismo esasperato di una larga parte della storia dei meridionali o l’encomiabile sforzo di una imprenditorialità innovativa, che rischia di restare confinata nella solitudine di un’isola dorata, senza la possibilità di integrarsi in una costruzione sistemica.
L’aspetto positivo di questa nuova epoca è costituito dalla ripresa di un’azione per l’attrazione degli investimenti e dall’intensificazione dell’accumulazione produttiva, che sta trovando intensi sbocchi nei territori del Sud, anche per l’avvio di una politica industriale nella fase del «risveglio», dopo anni di retorica della società postindustriale e di assenza di ogni iniziativa per il Mezzogiorno, una volta tramontato l’intervento straordinario.
È possibile, a questo proposito, indicare sinteticamente due direttrici principali di una nuova strategia industriale per il Sud.
Un elemento fondamentale è la natura della politica industriale, che deve essere orientata ai «fattori di sviluppo» e non soltanto ai consueti settori e comparti manifatturieri. In questo modo, i lavoratori, le imprese, le forze sociali e i cittadini, in base alle competenze, alle esigenze e al merito, possono essere collocati allo snodo delle scelte economiche. Il tema chiave dell’industria e della logistica per una nuova centralità euromediterranea deve coniugarsi con l’indicazione degli strumenti necessari per intensificare le politiche di sviluppo produttivo e incrementare la dotazione di infrastrutture del Mezzogiorno, come elemento coessenziale alla crescita dell’intero Paese e alla sua proiezione sui mercati internazionali.
Un secondo elemento è legato allo sfruttamento delle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica e, in particolare, dall’economia circolare e dalla bioeconomia per i territori meridionali.
Se l’industria 4.0 non ha attecchito diffusamente nel Mezzogiorno, a causa della ristrettezza della base produttiva e di un delimitato ruolo propulsivo della media e grande impresa, la green economy è stato uno dei motori trainanti della iniziale ripresa del Sud degli anni scorsi. (…) Una tale rivoluzione dell’industria moderna può giovarsi di alcune condizioni propizie presenti in tutto il Paese e – questione inedita rispetto al passato più recente – anche nel Mezzogiorno, dove negli ultimi anni si sono accresciuti interventi, imprese e modelli legati a questo tipo di economia.
(Testo tratto da “Il Mezzogiorno protagonista. Dalla globalizzazione dei mercati alla nuova rivoluzione industriale: una proposta di sviluppo per il Sud e per il Paese” – Rivista Economica del Mezzogiorno/a. XXXIII, 2019, n. 3-4).