Università, rivoluzione digitale? Quattro studenti a confronto
3 Maggio 2020Da poco più di un mese siamo ormai al centro di una situazione che ha travolto la nostra vita abitudinaria, non lasciandone traccia. O meglio, facendo spazio a un’altra totalmente inedita e piuttosto limitata. Stiamo parlando, ovviamente, di ciò che è stato definito dall’OMS una pandemia: il Covid-19. Quello che possiamo dire è che probabilmente, per molti, la sensazione è quella di vivere in loop la stessa giornata. Ma questo non deve rappresentare un’inibizione per la creatività e la produttività.
Calza a pennello un passaggio di “Per chi suona la campana” di Ernest Hemingway, ossia: “Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno. Ma quello che accadrà in tutti gli altri giorni che verranno può dipendere da quello che farai tu oggi”. E parlando di “giorni che verranno”, la nostra attenzione va ai giovani: fra le tante considerazioni che circolano sul web e non solo, c’è quella che dice che questo periodo possa fungere da ponte per una rivoluzione digitale in vari campi, fra cui la scuola e l’università.
Di seguito, riportiamo qualche intervento di alcuni protagonisti degli atenei.
IVAN
–Mi chiamo Ivan, ho 20 anni, sono di Casoria (NA) e studio Mediazione linguistica e culturale all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” (Unior); le lingue che studio sono l’inglese e l’arabo. Era un mercoledì quando ci dissero che avrebbero sospeso le lezioni all’università. Dopo appena una settimana ci mettemmo in contatto con i professori per far sì che le lezioni online prendessero il via il prima possibile, e così è stato. Di conseguenza, posso dirmi soddisfatto delle tempistiche organizzative del mio ateneo. A giugno dovrò sostenere il primo esame di arabo; ci è stato detto dal docente che durerà sensibilmente di meno dell’esame standard, e consisterà in un quiz a tempo. Non potremo ovviamente testare la nostra capacità di produrre un testo scritto in lingua araba poiché non abbiamo grande praticità con la tastiera impostata in arabo, e ciò potrebbe diluire notevolmente i tempi d’esame. Personalmente, non gradisco questo tipo di didattica perché, stando a casa, mi è più facile distrarmi, e soprattutto quello che in assoluto mi piaceva di più era vivere l’ambiente universitario. Mi auguro che possa essere ripristinata la tradizionale didattica, ovviamente in sicurezza.
GIOVANNI
–Sono Giovanni, abito a Pontecagnano Faiano (SA), ho 20 anni e studio Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Salerno (Unisa). Dall’interruzione delle lezioni standard sino all’intrapresa della didattica online trascorsero due settimane, e credo che l’adattamento sia stato tardivo, seppur con le dovute giustificazioni, probabilmente. Ma se proprio dovessi citare delle criticità, sicuramente menzionerei la situazione disagiata di studenti fuorisede che, a causa del lockdown, non hanno potuto effettuare in tempo un rientro a casa, e che sono quindi alle prese con le spese degli affitti delle abitazioni e che magari non riescono a stare perfettamente al passo con le lezioni online poiché non disponenti di un’adeguata connessione per poter seguire le lezioni. Proprio per quanto riguarda le lezioni online, potremmo importare un elemento che ritengo sia una potenzialità. Credo cioè che, quando la situazione sarà tornata a una forma più o meno simile all’ordinarietà, si possa pensare allo streaming e alla registrare delle lezioni in aula da rendere fruibili in un apposito spazio digitale, per lasciarle a disposizione di studenti che non hanno potuto essere presenti. In particolar modo, questa misura aiuterebbe gli studenti che seguono corsi che necessitano spiegazioni di passaggi matematici e via dicendo. Poi, personalmente, non mi sento attratto da questa modalità di svolgimento delle lezioni. Immergersi appieno nel contesto universitario è tutt’altra storia; è decisamente più travolgente.
SIMONE
–Mi chiamo Simone, ho 20 anni, vivo a Fragneto Monforte (BN) e studio Scienze infermieristiche all’Università degli studi di Salerno (Unisa). Per la cronaca, frequento i corsi alla sede distaccata di Baronissi. Avrei dovuto iniziare i tirocini negli ospedali prima che la situazione peggiorasse, ma com’era prevedibile al momento è stato tutto sospeso. Abbiamo infatti anche provato un’abbondante dose di paura quando abbiamo saputo che proprio degli infermieri e dei medici di alcuni ospedali, fra cui il “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, erano stato infettati. Quindi abbiamo proseguito con i corsi. Io sono riuscito a tornare a casa in sicurezza prima dell’aggravarsi del caso Covid-19, quindi non sto vivendo la problematica situazione degli studenti fuorisede per quanto concerne gli affitti. Sfortunatamente la zona in cui abito non è particolarmente toccata dalla copertura della connessione internet, di conseguenza credo che avrò qualche difficoltà a sostenere un esame senza problemi di tipo audio e/o video. Per questo motivo, per lo stop dei tirocini previsti, e soprattutto per quello che significa vivere un campus universitario, spero che si possa tornare presto alla cosiddetta “normalità”. Oltre che, ovviamente, per la situazione sanitaria.
EMANUELE
-Sono Emanuele, vivo a Bacoli (NA), studio Ingegneria elettrica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Sono soddisfatto di come si è mosso il mio ateneo per offrire a noi studenti la formazione che ci spettava, specialmente per la tempistica: in appena una settimana abbiamo iniziato le lezioni online, anzitutto grazie a una convenzione che l’università ha con Microsoft. Credo che anche in tempi ordinari, se organizzate nel modo giusto, le lezioni possano essere un ottimo strumento per fornire agli studenti una formazione adeguata e soprattutto economica, in particolar modo per i fuori sede che viaggiano spesso e altrettante volte pagano affitti. Anche perché c’è la possibilità di rivedere le lezioni. Anzi, a mio avviso i docenti potrebbero anche direttamente caricare video di lezioni già svolte, evitando così problemi di connessione. Certo, ovviamente si perde tantissimo in termini di “contatto”, soprattutto perché trascorrere diverse ore fissando uno schermo svilisce il rapporto che c’è con compagni e docenti, ma nel frattempo potremmo, in questi termini, trarre spunti per migliorare la qualità dei servizi didattici quando l’emergenza sarà rientrata. Sembra quindi che, com’era prevedibile, ci si auguri un pronto ritorno a una situazione di vivibilità simile a quella che si viveva prima di questo brusco imprevisto. Ma non senza qualche proposta di rinnovamento.