Dopo l’emergenza: una nuova fase per un Paese nuovo
20 Aprile 2020Nel momento in cui l’emotività lascerà spazio alla razionalità delle scelte, il Paese che sarà dovrà umilmente guardarsi allo specchio e interrogarsi sui tanti perché emersi dalla crisi. Questo maledetto virus non può e non deve rappresentare un alibi, ma trasformarsi nell’occasione di una vera rinascita. Siamo al punto zero, come nel Dopoguerra: il nuovo sistema economico si equilibrerà su paradigmi inediti e su pressioni sociali per la prima volta prioritarie.
Per non sprofondare negli abissi oscuri ecco che la qualità degli uomini rivestirà un ruolo cruciale. Una merce rara al giorno d’oggi, è inutile nasconderlo: solo un folle scommetterebbe un euro sulla capacità dell’attuale classe dirigente di riscrivere la Storia dell’Italia e degli italiani. Eppure, quell’euro andrebbe comunque speso se non altro perché il pessimismo conduce all’immobilismo.
Certo dovranno essere riscritte le regole di governo e capire una volta per tutte i buchi neri di uno Stato che ha cercato, a corrente alternata, di tener testa a un nemico invisibile e infame. La sensazione è che proprio questo distacco Roma – Regioni abbia causato uno scollamento politico e che si sia frantumata quella fiducia nel federalismo ritenuto (a torto) il “segreto della ricchezza”. La Lombardia in tal senso è un modello al contrario e ha pagato lo scotto di chi ha gestito negli ultimi 20 anni la sua Sanità con la sola preoccupazione di arricchire manager e cliniche private. La Regione ha contato “cinque volte i morti civili della Seconda guerra mondiale” ha candidamente ammesso il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri. Un bilancio imbarazzante.
IL DECISIONISMO HA SALVATO IL SUD?
Se Atene piange – è bene però sottolinearlo – Sparta non ride. Il Centro-Sud ad oggi ha risposto bene limitando i danni grazie anche al decisionismo di alcuni suoi Governatori. Un serrate le righe frutto però più della consapevolezza dell’impotenza strutturale del Mezzogiorno, che avrebbe potuto causare un’ecatombe ben più drammatica di quanto accaduto al Nord.
Sarebbe dunque il caso di iniziare a capire non quando partirà la Fase 2 ma piuttosto come. Il governo guidato da Conte è atteso a una sfida impervia: unire per la prima volta il Paese con politiche uniformi, strutturali, incisive, semplificate. Cittadini e imprese oggi hanno bisogno di risposte e soprattutto di liquidità, con buona pace dei teorici del Capitalismo internazionale. Un centralismo dello Stato che volgerà il suo sguardo non più all’America a stelle e strisce, ma alla Cina comunista. Uno Stato che dovrà saper concorrere nella nuova globalizzazione mondiale forte di un’identità nazionale inedita. Gli amanti del politichese lo definirebbero un “nuovo Socialismo” e non sbaglierebbero più di tanto. L’errore da non commettere oggi sarebbe quello di non pensare al domani: chi non se la sente, a partire da Roma, è pregato di farsi da parte per il bene del Paese.