Consumi, rapporto Confcommercio: crollo del 31,7%
15 Aprile 2020Un crollo dei consumi del 31,7% nel solo mese di marzo. È quanto si apprende dall’ultima edizione della Congiuntura Confcommercio realizzata dall’ufficio studi.
Il primo trimestre del 2020 ha fatto registrare un calo dei consumi pari al 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. A portare sulle spalle il fardello di tale crollo è il mese di marzo, che con un -31,7% fa registrare un crollo senza precedenti.
«Siamo in presenza di dinamiche inedite – si legge nel rapporto – che esibiscono tassi di variazione negativi in doppia cifra non presenti nella memoria storica di qualunque analista”
Disastrosi i numeri relativi all’accoglienza turistica (-95% degli stranieri a partire dall’ultima settimana di marzo), alle immatricolazioni di auto (-82% nei confronti dei privati), alle vendite di abbigliamento e calzature (attualmente -100% per la maggior parte delle aziende, precisamente quelle non attive su piattaforme virtuali) ed a bar e ristoranti (-68% considerando anche le coraggiose attività di delivery presso il domicilio dei consumatori).
Le stime di Confcommercio indicano una riduzione tendenziale del PIL del 3,5% nel primo quarto del 2020 e del 13% nel mese di aprile.
Rischio marginalizzazione
«I provvedimenti delle autorità nazionali e internazionali – si legge ancora nel rapporto – non possono modificare il profilo delle perdite di prodotto. Possono, però, mitigare notevolmente le perdite di reddito disponibile connesse alla riduzione dell’attività, trasformandole in larga misura in deficit pubblico e quindi debito sovrano. La strada prevalente in Italia è la riduzione degli impatti della crisi attraverso la concessione di abbondante liquidità a costi molto esigui. Sarebbe opportuno affiancare a questi provvedimenti una serie di indennizzi proporzionali alle perdite (al netto delle imposte potenzialmente dovute) subite dagli imprenditori e dai lavoratori».
«Senza lo strumento dei “trasferimenti a fondo perduto” si corre il rischio che l’eccezionale liquidità non sarà realmente domandata, almeno dai soggetti più deboli, lasciando ferite permanenti nel tessuto produttivo e rendendo meno vivace la ripartenza. Il tema della ripresa quando l’Italia riaprirà è denso di incognite. Infatti, al termine dello scorso anno, non erano stati ancora recuperati i livelli di reddito disponibile e consumi – in termini reali – sperimentati nel 2007: le perdite ammontavano ancora rispettivamente a 1.700 e 800 euro per abitante. Insomma, detto senza giri di parole, oggi è necessario evitare che, dopo il coronavirus, la ricostruzione dei livelli di benessere economico, già depressi, del 2019, duri troppi anni. Il rischio è la marginalizzazione strutturale del Paese rispetto alle dinamiche internazionali dell’integrazione, dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità e, in definitiva, della crescita di lungo termine. A pagarne il prezzo più alto sarebbero le generazioni più giovani».