L’emergenza Coronavirus? Una lezione di finanza pubblica al Governo

L’emergenza Coronavirus? Una lezione di finanza pubblica al Governo

14 Aprile 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

La diffusione del coronavirus sta mettendo a dura prova il Sistema Sanitario italiano, che sta facendo i conti con un numero insufficiente di posti letto in terapia intensiva e di personale medico. Inoltre, la chiusura delle attività produttive, imposta dal governo per limitare il contagio e tutelare la salute pubblica, sta provocando effetti disastrosi sul sistema economico, con previsioni estremamente negative sul Pil nazionale (-8,4% nel 2020 in base alle stime della Svimez).

Nonostante ciò, una parte del paese continua ad essere operativa grazie all’ausilio delle tecnologie digitali, che consentono a molte società del settore terziario di lavorare da remoto (il cosiddetto smart working) e agli studenti di poter continuare il loro percorso di apprendimento attraverso piattaforme online come Microsoft Teams. Tuttavia, non mancano i problemi di connessione, soprattutto nelle aree più periferiche del paese, causati dalla mancanza di copertura della fibra ottica, che rendono più difficile l’operatività.

In questa grave situazione, emerge quindi l’importante ruolo che settori come quello sanitario e tecnologico rivestono all’interno del paese; settori che purtroppo nel corso degli anni passati sono stati sempre più trascurati e spesso oggetto di tagli da parte del governo. In particolare, per quanto riguarda il settore sanitario, il report dell’osservatorio Gimbe evidenzia come il Sistema Sanitario Nazionale italiano ha visto decurtarsi ben 37 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, dei quali 25 miliardi nel periodo 2010-2015 a causa di tagli relativi a diverse manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019, quando la Sanità ha ricevuto minori risorse di quelle previste a causa di esigenze di finanza pubblica .

Tutto ciò comporta un minor livello di assistenza, con una perdita stimata di oltre 70.000 posti letto negli ultimi 10 anni, con 359 reparti chiusi, oltre ai molti piccoli ospedali riconvertiti o abbandonati. Facendo riferimento invece agli investimenti innovativi, nel 2017, nel nostro paese, l’ammontare degli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo rapportato al Pil risulta pari all’1.3%, inferiore alla media europea che è pari al 2.1%. Inoltre, è importante evidenziare che nel periodo 2008-2017, sia in Italia che negli altri paesi europei, l’incremento di tali investimenti è derivato principalmente dal settore privato, con un debole apporto del settore pubblico.

In particolare, secondo i dati dell’Istat, nel 2017, la spesa totale per R&S è pari a quasi 23.8 miliardi di euro, di cui 13.1 provenienti dal settore privato, 7.7 dalle istituzioni pubbliche, 2.8 da finanziatori stranieri e 0.2 dalle università . Dunque, la lezione di finanza pubblica che il governo deve recepire dalla diffusione del coronavirus, è quella di evitare in futuro la solita spinta eccessiva verso la spesa corrente, motivata soprattutto dall’ottenimento di consensi elettorali (si pensi alla flat tax, al reddito di cittadinanza e a quota 100), e puntare invece sugli investimenti in settori che si stanno rivelando cruciali, come quello sanitario e tecnologico (ad esempio potenziando gli ospedali e investendo nel 5G), in modo da favorire la crescita economica e rendere il paese ancora più resiliente di fronte ad eventuali future pandemie, che a causa della globalizzazione diventeranno sempre più probabili.ù

 

di Salvatore Sparaco Diglio