I numeri della crisi afgana vista dall’Italia

I numeri della crisi afgana vista dall’Italia

4 Ottobre 2021 0 Di Arianna Bruno

Cinquemila persone rimpatriate e 1060 richieste d’asilo accordate. Questi i contorni numerici della crisi afgana vista dall’Italia.

Una questione centrale anche per L’Italia, i dati di Openpolis evidenziano un parziale intervento dell’Italia: circa 5 mila persona evacuate dall’Afghanistan.
La linea del nostro paese, resa nota dal Ministro Degli Esteri Luigi Di Maio al meeting di comunione e liberazione dello scorso 23 agosto, è chiara: adottare una politica che punta a rafforzare il ruolo dell’Europa e del Multilateralismo chiedendo di intervenire in maniera strategica e comune.

Quello che emerge dallo studio condotto da Openpolis fotografa da un lato un’Unione Europea debole nell’adottare una strategia politica comune e dall’altro evidenza un mancato funzionamento delle istituzioni. Un dato sembra essere certo: l’Europa è divisa sull’accoglienza dei profughi Afghani. Molti paesi, come l’Austria, il Belgio, la Danimarca, i Paesi Bassi, la Germania e la Grecia, dopo aver firmato una dichiarazione congiunta per aiutare e supportare gli Afghani che volessero lasciare il loro paese hanno ridimensionato la portata del loro impegno comune chiedendo alla Commissione Europea, attraverso un documento, l’autorizzazione a rimpatriare gli Afghani a cui fosse negato l’asilo.

Un cambio di passo da sottolineare è sicuramente quello della Grecia perché solo nel 2020 risulta essere il paese che ha accordato la protezione a più afghani. Nello specifico i dati Istat ci parlano di 10.770 persone che hanno chiesto e poi ottenuto l’asilo.

Una strategia di accoglienza che cambia radicalmente soprattutto dalle parole pronunciate dal Ministro dell’immigrazione greco, Notis Mitarakis: “Il paese non diventerà una porta per l’Europa per i profughi provenienti dall’Afghanistan”. Parole dettate sicuramente da questioni di politica interna e da un sentimento di forte preoccupazione nella gestione dell’accoglienza. Come abbiamo già sottolineato precedentemente, aldilà della forte preoccupazione dei paesi membri manca una visione d’insieme e una politica coesa nell’affrontare il problema dell’accoglienza. La Grecia nonostante l’accoglienza a moltissimi afghani non era il primo paese d’Europa ma il settimo. L’Italia, invece, era seconda solo alla Polonia che però aveva ricevuto un numero molto ridotto di domande di asilo (20), in quanto a numero di esiti positivi sul totale (1.060 esiti positivi e 70 negativi).

Il nodo cruciale dei dati descritti è che la gestione e la distribuzione dei richiedenti asilo non è equa all’interno dei paesi membri perché di fatto i richiedenti asilo non scelgono dove fare domanda.

E’ un nodo irrisolto che ci riporta al regolamento di Dublino, argomento più volte ripreso nell’ultimo anno, il regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi per determinare quale stato membro è competente per esaminare una domanda di protezione internazionale.

La mancata di riforma del regolamento di Dublino e l’incapacità politica dell’Unione europea nell’affrontare il problema rafforza ancor di più il sentimento antieuropeo che, come abbiamo visto negli ultimi anni, ha terreno facile soprattutto se le istituzioni tardano a dare risposte concrete.

In quest’ottica, analizziamo qual è stata invece la posizione dell’Italia. E, soprattutto, che linea ha tenuto in questi anni sull’accoglienza visti i molteplici cambi di governo?
Un tema certamente delicato e controverso sia per gli attori politici che per i cittadini.
Volendo fare un excursus storico dovremmo ripartire dal 2017, quando sotto la regia dell’allora ex Ministro dell’interno, Marco Minniti, si provò ad utilizzare un metodo più trasparente, un tentativo però stroncato sul nascere per il repentino cambio di regia che arrivò nel dicembre del 2018, con il nuovo Ministro dell’interno nonché segretario del partito della Lega, Matteo Salvini.
Il cambio di passo impose una svolta che portò all’approvazione il decreto denominato “Sicurezza e Immigrazione” che trattava i seguenti punti: Piano nazionale sgomberi; invasione di edifici; reato blocco stradale; daspo per i sospettatori di terrosismo, etc. Una legge che ha avuto vita breve perché è stata successivamente cambiata, nell’ottobre del 2020, con la firma del Ministro Luciana Lamorgese e con un impianto completamente diverso e in controtendenza rispetto alla linea evocata da Salvini.

Certamente, un paese con una posizione debole in tema di accoglienza, immigrazione e sicurezza, soprattutto per la delicatezza dei temi e per il linguaggio utilizzato in questi anni dai rappresentanti politici e delle istituzioni: un errore che ha generato e genera effetti negativi sulla società.

Molteplici sono gli episodi accaduti di odio e di razzismo e molte volte si è costruita una narrazione sbagliata con l’obiettivo di dividere ancor di più i meno fortunati. L’importante è ricordarsi che la guerra tra poveri, la vincono sempre i ricchi.

 

di Roberta D’Amico