Istat: Mezzogiorno rimane area con più rischio di esclusione sociale

Istat: Mezzogiorno rimane area con più rischio di esclusione sociale

23 Dicembre 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Nel 2019, il 20,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 12 milioni e 60 mila individui), cioè esse hanno un reddito netto equivalente nell’anno precedente, senza componenti figurative e in natura, inferiore a 10.299 euro (858 euro al mese). Il 7,4% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, mostra cioè almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati dall’indicatore Europa 2020. Il 10,0% vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che, nel 2018, hanno lavorato meno di un quinto del tempo. La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito), la quota di individui che si trovano in almeno una delle suddette tre condizioni, è pari al 25,6% (circa 15 milioni 390 mila persone), in miglioramento per il terzo anno consecutivo (27,3% nel 2018, 28,9% nel 2017, 30,0% nel 2016). Questo andamento si deve soprattutto all’indicatore di bassa intensità lavorativa (10,0% dal 12,8% nel 2016) e a quello di grave deprivazione materiale (7,4%; 12,1% tre anni prima). È quanto afferma l’Istat col suo rapporto Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie, anno 2019.

Il Mezzogiorno rimane l’area del paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale, anche se in significativa riduzione rispetto all’anno precedente (42,2% nel 2019 da 45% del 2018). In particolare, in tale ripartizione si riduce la quota di individui in condizione di grave deprivazione materiale (da 16,7% a 13,6%) e quella riferita a coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 19% a 17,3%). Il rischio di povertà rimane invece pressoché invariato (da 34,4% a 34,7%). Una riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 2018 si osserva anche nel Nord-est (da 14,6% a 13,2%) e nel Centro (da 23,1% a 21,4%), ripartizioni in cui tutte le componenti dell’indicatore mostrano una flessione, mentre resta praticamente invariato nel Nord-Ovest (da 16,8% a 16,4%).

Nel 2018, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 31.641 euro, ossia 2.637 euro al mese. La crescita rispetto all’anno precedente decelera in termini nominali (+0,8% da +2,6%) ed è lievemente negativa in termini reali (-0,4% da +1,2%). Il reddito equivalente, che tiene conto delle economie di scala rendendo confrontabili i livelli di reddito di famiglie di diversa numerosità e composizione, cresce invece in termini reali dello 0,5%. Da notare che il reddito al quale si fa riferimento include alcune poste non considerate nella definizione armonizzata a livello europeo, quali buoni pasto, fringe benefits non monetari (a eccezione dell’auto aziendale inclusa anche nella definizione europea) e autoconsumi (beni prodotti e consumati dalla famiglia). Rispetto all’anno precedente, nel 2018 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi) sono cresciuti solo nel Mezzogiorno (+0,8%), sono diminuiti nel Centro (-1,0%) e nel Nord-est (-1,8%), rimanendo invece invariati al Nord-ovest (+0,1%). I maggiori incrementi si osservano per le coppie senza figli (+0,7%) e per le coppie con figli (+0,5%); in riduzione invece i redditi familiari reali per le persone sole (-2,5%).

Le famiglie del Nord-est dispongono del reddito mediano più elevato (29.520 euro), seguite da quelle del Nord-ovest, del Centro e del Mezzogiorno, con livelli del 95%, 92% e 72% rispetto a quello del Nordest. Il livello del reddito mediano varia in misura significativa anche in base alla tipologia familiare. Le coppie con figli raggiungono i valori più alti con 38.464 euro (circa 3.200 euro al mese), trattandosi nella maggior parte dei casi di famiglie con due o più percettori. Le coppie con tre o più figli percepiscono un reddito mediano (38.101 euro) più basso di quello osservato per le coppie con due figli (39.077 euro) e appena maggiore di quelle con un solo figlio (37.470 euro).

Nel Mezzogiorno la disuguaglianza reddituale è più accentuata, con il 20% più ricco della popolazione che ha un reddito, inclusivo degli affitti figurativi, pari a 5,8 volte quello della fascia più povera; il dato più basso si registra nel Nord-est (3,9), seguito dal Centro (4,4) e dal Nord-ovest (4,5). L’articolazione per area geografica mostra come il livello di disuguaglianza tenda a ridursi al crescere del reddito medio familiare con affitti figurativi: il Mezzogiorno, con un valore minimo di 29.876 euro (contro 36.416 euro della media nazionale) presenta il livello di disuguaglianza più elevato, il Nord-est quello più basso: il reddito è pari a 40.355 euro, anche se in diminuzione rispetto al 2017 (41.019 euro).