Democratizzazione e sviluppo: quale futuro per la Cina?
12 Novembre 2020Il rapporto con la democrazia in Cina
Accanto alla straordinaria crescita economica, che ha portato ad un aumento della qualità di vita della popolazione, per lo meno nella fascia costiera del Paese, è maturato un desiderio di ammodernamento anche sul fronte dei diritti civili, vi sono segnali confusi e disordinati, ma sempre più numerosi.
Un esempio è il movimento popolare con #VogliamoLaLibertàDiParola, lanciato su Weibo all’indomani della morte del Dott. Li ed immediatamente censurato dalla “polizia online”, rappresenta l’evidenza del sentimento popolare.
Quanto sta accadendo ha del sorprendente, ancora di più perché avviene in uno Stato nel quale la popolazione, storicamente, ha sempre ragionato, più che in termini di libertà, in termini di efficienza del potere governativo.
Sia ben chiaro, è difficile pensare che, superata la crisi del coronavirus, il popolo cinese darà vita ad una massiccia campagna di proteste antigovernative, ma ciò nonostante sembra che il seme della rivoluzione si stia radicando nell’humus della disperazione popolare.
Difatti, la dittatura monopartitica, l’assenza di vere garanzie costituzionali e di elezioni libere, la censura ed il controllo delle attività dei cittadini, la Grande Muraglia Digitale che impedisce l’accesso all’internet globale, le elezioni locali farlocche che impediscono ai candidati indipendenti di fare una vera campagna elettorale, la soppressione delle voci contrarie al partito e così via hanno messo a dura prova la pazienza della popolazione, e lo scoppio dell’epidemia ha esasperato il malcontento.
Ogni volta che si parla di democrazia in Cina si finisce per camminare in un sentiero sconosciuto.
Tanto è vero che la storia millenaria del Paese del Dragone è segnata da un susseguirsi di dinastie, ed il Partito Comunista, con le dovute distinzioni, può essere considerata una di queste.
Mai nella storia, la Cina ha realmente conosciuto la democrazia come la si intende nel Mondo Occidentale, pur non mancando alcuni segnali che, in passato, hanno fatto pensare alla possibilità di abbracciare il modello democratico.
Bisogna però premettere che la Costituzione, all’articolo 1, recita che “La Repubblica Popolare Cinese è uno stato socialista sotto la dittatura democratica popolare diretta dalla classe operaia e basata sull’alleanza degli operai e dei contadini “.
Fa eco il secondo articolo della Costituzione, secondo il quale “Tutto il potere nella Repubblica popolare cinese appartiene al popolo. Congresso Nazionale del Popolo e assemblee popolari locali ai vari livelli sono gli organi attraverso i quali il popolo esercita il potere statale. La gente gestisce gli affari di stato e gli affari economici, culturali e sociali attraverso vari canali e in vari modi, secondo la legge “.
La Cina si considera già una democrazia, sensu latu, di stampo Marxista per la precisione, il che rende ancora più confuso il quadro della forma di governo cinese. Quel che è certo, però, è che nessuno considera la Cina come veramente democratica, in quanto manca un vero e proprio sistema di coinvolgimento dei cittadini nelle scelte governative che conferirebbe al popolo un reale potere.
In fin dei conti, è stato lo stesso Xi Jinping, in un discorso tenuto al Collegio d’Europa nel 2014, ad ammettere che il modello democratico multipartitico di stampo occidentale è incompatibile con l’esperienza Cinese.
Il progetto politico cinese
Al netto di quanto detto in precedenza sul sistema democratico, ancora oggi, molto lontano da come viene inteso tradizionalmente da noi, è interessante studiare ed analizzare l’azione governativa di programmazione che viene realizzata dal governo cinese.
Ciò che sta avvenendo in Cina non può passare in secondo piano e senza alcuna riflessione e analisi da parte della nostra classe dirigente e quella europea, seppur impegnata nelle ultime settimane a dover fronteggiare la seconda ondata del Covid-19.
È interessante analizzare la capacità di programmazione e visione del governo Cinese, dal momento che mette in evidenza quanto sia importante avere un’idea chiara di sviluppo e obiettivi precisi da perseguire, solamente così si possono raggiungere traguardi straordinari, tanto è vero che è riuscita a porsi al centro della politica internazionale e si candida ad essere uno dei pilastri mondiali dei prossimi decenni.
A dispetto, invece, di un indecisionismo e una mancanza di prospettiva che si nota nelle Istituzioni Europee, le quali non hanno un orizzonte comune e condiviso da tracciare.
La Repubblica Popolare Cinese è concretamente e ampiamente al lavoro per decidere l’indirizzo economico del Paese nei prossimi cinque anni, prova ne sia che dal 26 al 29 ottobre si è svolta la quinta sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, in cui ha avuto luogo proprio mentre il tredicesimo piano quinquennale volge al termine con risultati fortemente interessanti, nonostante vi sono stati diversi ostacoli che si sono contrapposti all’avanzata cinese, tra cui l’epidemia da Covid-19 e la guerra commerciale lanciata dagli Stati Uniti contro Pechino.
Il nuovo piano quinquennale dovrebbe invece essere definitivamente approvato all’inizio del nuovo anno.
Si prospetta che il quattordicesimo piano quinquennale sarà quasi sicuramente, secondo diversi analisti, sotto molti aspetti una continuazione del suo predecessore, in vista di due importanti scadenze a lungo termine fissate dalla leadership cinese, quella del 2035 e quella del centenario della fondazione della Repubblica Popolare, nel 2049. Il nuovo piano dovrebbe porre l’accento sullo sviluppo di settori considerati chiave, come la ricerca scientifica, la finanza, l’ambiente, le questioni sociali, oltre a prevedere una serie di meccanismi di difesa nei confronti dei prevedibili rinnovati attacchi da parte di Washington.
La Cina si prefigge ulteriori obiettivi ambiziosi per il periodo 2021-2025. Difatti secondo le previsioni, nel 2022 dovrebbe varcare la soglia dei 10.066$ di reddito pro capite, rientrando così nella classificazione dei Paesi a reddito alto secondo i criteri fissati dalla Banca Mondiale, oltre ad affrontare anche le questioni riguardanti la diseguaglianza ed i problemi di sviluppo diseguale tra aree urbane e rurali, regioni, dipartimenti e individui.
Il quattordicesimo piano quinquennale dovrebbe poi rappresentare l’istituzionalizzazione del nuovo indirizzo di politica economica formulato dal presidente Xi Jinping, ossia quello della doppia circolazione: la circolazione interna rappresenta il motore economico principale, ma allo stesso tempo la circolazione nazionale ed internazionale si promuovono reciprocamente. Ciò andrà ad implementare la linea dell’aumento dei consumi interni già perseguita dal governo negli ultimi anni al fine di ridurre la povertà, a tal riguardo si potrebbero immaginare riforme fiscali per aumentare la fiducia dei residenti nei consumi e aumentare la loro sensazione di sicurezza.
Altri miglioramenti sono attesi in settori di grande rilevanza sociale, come l’istruzione e la riqualificazione degli ambienti urbani, al fine di mostrare i vantaggi della civiltà politica socialista con caratteristiche cinesi. “Se questi obiettivi vengono raggiunti come da programma, il panorama sociale cinese compirà un cambiamento fondamentale con progressi significativi in vari campi. La Cina diventerà un desiderabile paese socialista moderno, che funge da esempio di un sistema di governo alternativo al mondo intero”, ha scritto Fan Peng sulle pagine del Global Times.
Oltre che il nuovo piano quinquennale potrebbe contenere importanti innovazioni anche per quanto riguarda la questione ambientale, con l’obiettivo specifico di ridurre ulteriormente le emissioni di carbonio, dopo una prima limitazione già prevista nel tredicesimo piano quinquennale. “In questo modo, possiamo limitare efficacemente il consumo di carbone senza porre alcun vincolo per lo sviluppo di fonti energetiche a zero emissioni di carbonio”, ha dichiarato Wang Yi, membro del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo e consulente chiave del governo per il clima e la sostenibilità. “All’inizio, l’obiettivo potrebbe non sembrare il più ambizioso quantitativamente, ma significa l’inizio di un nuovo processo per ridurre le emissioni di carbonio in termini assoluti”.
Pertanto, è incontrovertibile l’importanza dell’emanazione del quattordicesimo piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale, in quanto avrà una grande rilevanza non solamente per le questioni interne alla Repubblica Popolare Cinese, ma anche per il resto della comunità internazionale, visto il sempre più evidente ruolo di leadership assunto dalla Cina sotto molti aspetti. Inoltre, non va dimenticato che i piani quinquennali cinesi indirizzano la vita di quasi un quinto della popolazione mondiale (quasi 1.4 miliardi di persone, di cui 400 milioni a reddito medio, più dell’intera popolazione degli Stati Uniti). Risulta dirimente ricordare che il sistema dei piani quinquennali, inaugurato da Mao Zedong nel 1953, ha provato negli ultimi decenni la sua efficacia, come dimostrato dagli incredibili passi avanti compiuti dalla Cina dal punto di vista economico e sociale. Questo grazie alla risolutezza con la quale la leadership ha saputo analizzare la situazione concreta, individuare i problemi esistenti e formulare le dovute soluzioni. I piani quinquennali, inseriti all’interno di percorsi a più lungo termine, garantiscono inoltre una politica stabile e coerente nel corso del tempo, al contrario di quello che accade nelle democrazie rappresentative borghesi occidentali, dove vengono formulate unicamente politiche a breve termine sulla base delle scadenze elettorali.
Alla luce di quanto innanzi esposto, è chiaro l’obiettivo della Repubblica Popolare Cinese di porsi come interlocutrice forte e privilegiata dell’Occidente, dal momento che , da un lato, l’America è in forte difficoltà, in quanto i due partiti tradizionali non riescono a tracciare un progetto politico nuovo per l’Occidente, che sia capace di inglobare anche il Vecchio Continente, dall’altro lato, il progetto Europeo è in forte impasse in quanto vi sono visioni fortemente differente tra i Paesi del Nord – Europa e quelli del Sud – Europa, tanto da indebolirla fortemente.
Ebbene, se guardassimo alla politica nostrana ci verrebbe da disperarci, dal momento tutti gli interlocutori politici non hanno un’idea chiara dell’Italia, della propria Regione o Comune, bisogna poi aggiungerci la dissoluzione della funzione dei partiti politici e dei corpi intermedi in generale, i quali erano luoghi di pensiero e di elaborazione progettuale.
Dunque, la domanda che bisognerebbe porsi è la seguente:
Come può immaginare l’Occidente, l’Europa e l’Italia stessa di poter competere nelle gerarchie mondiali continuando con questa azione politiche?
Come pensiamo di migliorare lo status quo in un periodo storico così complesso e con questo modo di fare politica, rivolto al mero consenso giornaliero e comunicativo, piuttosto che di visione, innovazione e programmazione?
Spesso viene presa di mira la mera classe dirigente politica, ma dove sono i contributi progettuali degli ordini professionali per i loro settori di appartenenza, delle università, del mondo della cultura e delle associazioni di categoria, al fine di rilanciare un progetto nazionale e sovranazionale?
Di Carlo Conte