L’Alzheimer malattia di priorità mondiale

L’Alzheimer malattia di priorità mondiale

3 Novembre 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

In Italia, come in tutti i paesi industrializzati, grazie ai progressi medici, al migliore tenore di vita e alla diminuzione della natalità si ha avuto un invecchiamento della popolazione e un allungamento dell’aspettativa di vita. Secondo i dati Istat, risalenti a gennaio 2019, infatti, le persone sopra i 65 anni rappresentano il 22,8 % della popolazione totale, ovvero 13, 8 milioni, mentre la speranza di vita si aggira sopra gli 80 anni per gli uomini e sopra gli 85 per le donne. Secondo un’indagine dell’Eurostat, l’Italia si annovera tra le nazioni dell’Unione Europea con la struttura della popolazione relativamente più anziana, infatti la metà della popolazione ha superato i 43 anni, contro la media europea di 37 anni. Gli anziani rappresentano un patrimonio indispensabile di affetto ed esperienza e costituiscono il pilastro della società, pertanto vanno preservati e salvaguardati. Particolare attenzione meritano coloro che sono affetti da forme di demenza come l’Alzheimer.
Ma cos’è l’Alzheimer?
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurologica degenerativa che colpisce più frequentemente le donne provocando un decadimento delle funzioni cognitive, in particolare del linguaggio, della concentrazione, dell’orientamento spaziale e temporale e della memoria. L’inizio della patologia è subdolo: le persone iniziano a dimenticare alcune cose per poi arrivare al punto di non riconoscere più i familiari e hanno bisogno di assistenza anche per le più semplici attività quotidiane. Attualmente si stima che ne siano affetti oltre un milione di anziani e che i dati potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni. Ciò ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a definire il contrasto a questa patologia come una priorità mondiale di salute pubblica. Essendo una malattia sistemica in quanto coinvolge non solo chi ne è affetto ma tutto il contesto familiare, la strategia terapeutica ideale prevede l’intervento farmacologico, pedagogico e psicologico, sia sui pazienti che sui caregiver.
Quali interventi sono possibili per i pazienti con Alzheimer?
Uno degli interventi che può aiutare in casa è quello ambientale che consiste nel creare un setting sicuro in cui far vivere il proprio caro, eliminando, dall’arredamento, quegli elementi che potrebbero essere ostacolanti per la mobilità come tappeti, mobili a giorno, specchi. Un altro intervento consigliato è la terapia occupazionale ovvero impiegare il proprio caro in piccoli lavori domestici per tenerlo impegnato in attività a lui familiari. Altro intervento possibile è quello della stimolazione sensoriale con la Snoezelen room, stanze bianche, illuminate, con arredi semplici e di diverse consistenze tattili e la presenza di suoni che creano un ambiente multisensoriale per favorire il benessere e il rilassamento generando emozioni gradevoli. Nei primi stadi della demenza è molto usata anche la metodologia Rot (Reality OrientationTherapy) che ha come obiettivo la riduzione della tendenza all’isolamento rendendo il soggetto partecipe alle relazioni sociali e all’ambiente che lo circonda attraverso stimolazioni verbali, visive, scritte. La Rot può essere utilizzata in associazione alla Memory Training che consiste in cicli di esercizi per la memoria che servono per conservare la memoria procedurale nelle azioni quotidiane come l’attività di cura personale, attività di cucina ecc. Tra le metodologie più utilizzate c’è anche la pettherapy, ovvero la terapia assistita con gli animali d’affezione. La compagnia di un animale domestico diminuisce l’ansia, la paura, non fa sentire rifiutati o giudicati e stimola l’attivazione emozionale. Infine la dolltherapy si sta facendo strada tra le terapie di maggior successo nei casi di demenza medio-grave in cui la bambola, che ha specifiche caratteristiche antropomorfe, viene presentata al paziente che se ne prende cura soddisfacendo il bisogno di contatto, riportando alla mente emozioni e vissuti e promuovendo le proprie capacità di cura.
Questi interventi possono migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da questa patologia che aggredisce le persone privandole del proprio passato e di pezzi significativi della propria vita. È importante, perciò, lasciarsi guidare da esperti che possono consigliare il trattamento migliore per ridare agli anziani una dignità che, con questa malattia, sembra perduta, senza dimenticare l’importanza di richiedere anche un sostegno emotivo per il cargiver.

Di Patrizia Morretta e Maria Marino