Stati generali dell’Economia: sarà gloria o fallimento?

Stati generali dell’Economia: sarà gloria o fallimento?

15 Giugno 2020 0 Di Arianna Bruno

Nella cornice monumentale di Villa Pamphili a Roma, gli Stati generali dell’Economia hanno preso il via tra lo scetticismo degli stessi protagonisti. Un evento celebrato in pompa magna secondo il rigido protocollo dettato da Palazzo Chigi, tanto da costringere il premier Conte a smentire (non senso un palese imbarazzo) l’etichetta di kermesse. “L’obiettivo è far confrontare tutti coloro che sono pronti a rimboccarsi le maniche per far ripartire l’Italia” ha sottolineato su più schermi e colonne. Rassicurazioni vaghe e giustificazioni frettolose, che hanno finito col dare ancor più adito a critici e detrattori. Diciamola tutta: nessuno sentiva il bisogno di un Festival di Sanremo in edizione politichese, con tanto di ospiti (alias tecnici) italiani ed internazionali.

Conte ancora una volta sarà uscito forse nell’intento di calamitare un’attenzione mediatica di assoluto rilievo agli occhi dei suoi omologhi europei, ma ha gravemente smarrito quei doveri costituzionali più volte richiamati per accreditare le proprie scelte passate. L’habitat della politica non può e non deve essere una splendida Villa capitolina: il suo tempio è il Parlamento.

La crisi economica senza precedenti nella storia della Repubblica, le frizioni all’interno della maggioranza, i miliardi in arrivo del Recovery Fund e l’ombra pressante della task force di Colao, restano tutti capitoli controversi le cui gestioni non potevano sfociare in una inutile passerella. Non basta il contesto o una bella cornice per trovare quell’unità d’intenti indispensabile per disegnare e realizzare il Paese che verrà. Anzi questa necessità di trascinar fuori dai Palazzi istituzionali il tavolo di confronto (metaforicamente) ha già delegittimato coloro che avranno l’onere delle scelte.

Non a caso i primi a far trapelare dubbi e malesseri per la strategia di Conte sono stati proprio i due partiti che gli consentono oggi di guidare l’esecutivo: Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Entrambi hanno chiarito al premier di non volersi prestare al gioco delle belle statuine e che le sfilate di abiti e auto blu rappresentano un regalo troppo grande per il fronte dei populisti. Salvini che appariva rassegnato a un triste declino stando ai sondaggi degli analisti, ad esempio, ha potuto recuperar terreno accelerando con la sua propaganda tutta slogan e rabbia sociale.

Cosa potrebbe mai accadere se la “montagna” degli Stati generali dell’Economia partorisse un piccolo topolino? Conte potrebbe soltanto riconoscere il fallimento dell’operazione da lui orchestrata sotto la supervisione di Casalino e rassegnare le dimissioni su richiesta della sua stessa maggioranza. Basterà attendere il 23 giugno prossimo per scoprirlo: comunque vada non sarà un successo.
di Pietro Giunti