Hikikomori, in Italia 100mila giovani chiusi in casa

Hikikomori, in Italia 100mila giovani chiusi in casa

10 Giugno 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Non per tutti la fase 2 ha significato la fine del lockdown. Esiste infatti un crescente numero di ragazzi che tende all’isolamento sociale, non ha rapporti con parenti ed amici e si rifugia nella propria camera o sul web. Questi in Giappone son noti come Hikikomori, termine coniato negli anni ’80, quando si iniziarono a riscontrare i primi casi, che significa “tirarsi fuori”. Una vera e propria sindrome che presenta un’evoluzione graduale. Di solito i primi sintomi sono malessere fisico per poi desiderare di abbandonare la scuola e piano piano anche le altre attività. I ragazzi che ne sono affetti, vorrebbero fuggire dalla realtà, dai propri impegni, dalle aspettative sociali. Si tratta principalmente di maschi, primogeniti o figli unici appartenenti ad un ceto sociale medio-alto con una personalità timida che tendono ad invertire il ritmo circadiano perché hanno l’esigenza di annullare la presenza del giorno da loro associato all’operosità e alle interazioni sociali.
Si tratta di un fenomeno in aumento nel nostro Paese. Attualmente, secondo l’Associazione Nazionale Hikikomori Italia, si stima che la sindrome possa colpire più di 100.000 persone tra i 14 e i 40 anni.

Fake news sull’hikikomori

Si pensa che gli hikikomori siano dipendenti dalle nuove tecnologie perciò tendono a isolarsi, in realtà i giovani si isolano perché avvertono un senso di inadeguatezza e non reggono alle pressioni sociali e quindi trascorrono il loro tempo collegati alla rete. Essi sono stati spesso studenti brillanti sui quali venivano riposte molteplici aspettative e che hanno iniziato ad isolarsi dopo un episodio di fallimento o sconfitta. Questo isolamento non implica un rifiuto completo delle relazioni sociali, ma solo un evitamento di quelle più compromissive, mantenendo i rapporti virtuali in cui si può decidere quanto mostrare di sè stessi. Inoltre si crede che gli hikikomori non vogliano essere aiutati perché affermano di stare bene nella loro situazione tuttavia il mal di testa e l’ansia che spesso avvertono sono proprio segnale di malessere e quindi di una richiesta d’aiuto.

Come aiutare chi tende a isolarsi?

Gli hikikomori non credono più in loro stessi e non vogliono sentirsi appesantiti dalle aspettative sociali. Per cercare di prevenire questo fenomeno è importante valorizzare i figli anche all’interno del nucleo familiare e non solo davanti a parenti e amici. Si tratta di un’attestazione di stima e fiducia che aiuta a percepire nel giusto modo le critiche costruttive e a mantenere le relazioni in equilibrio. Essendo un fenomeno progressivo, che può durare per un periodo che va dai 6 mesi ai 10 anni, ai primi sintomi, è importante rivolgersi subito a esperti. E’ importante evitare di dare giudizi e di obbligare i giovani a uscire a tutti i costi ma bisogna farli sentire compresi non invadendo i loro spazi. Infine può essere utile utilizzare le nuove tecnologie per avvicinarli, fare con loro ciò che gli piace e farli contattare dagli amici attraverso i social sempre rispettando i loro tempi.

di Maria Marino e Patrizia Morretta