Coronavirus: uno «scudo genetico» potrebbe aver protetto il Sud
29 Maggio 2020Antonio Giordano, oncologo napoletano naturalizzato statunitense, ha dichiarato, in un’intervista all’Adnkronos, che uno «scudo genetico» potrebbe aver protetto il Sud da un dilagante contagio di Covid-19.
«L’ipotesi è che esista una forma di difesa, stampata nel codice della vite – sostiene Giordano – un assetto genetico protettivo contro gli effetti più gravi del patogeno pandemico, che dai numeri sembra più diffuso al Sud rispetto al Nord».
Il medico ha cercato di analizzare durante il periodo di lockdown le possibili cause dell’alto tasso di infezione e mortalità in Italia, collaborando con ricercatori di diversi settori (fra i quali Pierpaolo Correale e Rita Emilena Saladino del Grand Metropolitan Hospital di Reggio Calabria, Giovanni Baglio del ministero della Salute, Francesca Pentimalli dell’Istituto tumori di Napoli e Patrizia Maiorano dell’università di Siena).
Gli esperti sostengono che elemento chiave per il decorso del virus possa essere il «sistema Hla (antigene leucocitario umano), che ha un ruolo chiave nel modellare la risposta immunitaria antivirale, sia innata sia acquisita«. Si sostiene quindi che «uno specifico assetto genetico, costituito da particolari varianti dei geni Hla, potrebbe essere alla base della suscettibilità alla malattia da Sars-CoV-2 e della sua severità».
«Mentre alcuni hanno proposto che condizioni climatiche più miti potrebbero aiutare a prevenire la diffusione virale – precisa Giordano – ci chiediamo se una specifica costituzione genetica possa funzionare come scudo genetico e contribuire a proteggere i cittadini del Sud. Ulteriori studi caso-controllo su larga scala potrebbero far luce su questo possibile aspetto, ma le solide basi per pensarlo già esistono. Stiamo aumentando la casistica per arrivare al dato finale»