Cosa ci insegna quest’anno la Festa dei Lavoratori
1 Maggio 2020Cosa ci insegna quest’anno la festa dei lavoratori
Siamo di fronte ad una sfida per una nuova società?
“La nostra causa è veramente giusta, serve gli interessi di tutti, gli interessi dell’intera società, l’interesse dei nostri figliuoli.
Quando la causa è così alta, merita di essere servita, anche a costo di enormi sacrifici.”
Le parole del sindacalista Giuseppe Di Vittorio colgono in pieno il momento che stiamo vivendo, davanti a noi abbiamo delle sfide importanti e cruciali, che costano anche dei sacrifici.
LA FASE DUE
Oggi siamo nella cosiddetta fase due, si sta rimettendo in moto il Paese dopo un periodo di lockdown a causa dell’emergenza pandemica, ma sul punto è fondamentale che si compia una riflessione chiara e precisa, dal momento che è non è più rinviabile la realizzazione di un piano industriale per il nostro Paese, ovvero porre in essere un investimento significativo e specifico sui settori strategici, che permettano ad uno Stato di avere una crescita economica e sociale in cui si immagini anche il ruolo che deve avere il Mezzogiorno.
Difatti, i dati stimati si aggirano intorno ad una perdita dell’8 % del P.I.L. nell’anno 2020 e la perdita di un numero di posti di lavoro che ad oggi non si riesce a quantificare pienamente, poiché variano a seconda della durata dell’emergenza pandemica.
Orbene, queste premesse pongono l’obbligo di una presa di coscienza per tutti i cittadini e coloro i quali hanno dei ruoli nella società, dalle istituzioni a più livelli fino ad arrivare al volontariato, che è l’ente più vicino al cittadino.
Tanto è vero che questa è la più grande prova che dovranno affrontare tutti gli Stati non solo l’Italia dopo gli eventi della prima metà del 900’, infatti, se un Paese fallisce, potrebbero fallire tutti, dato che è una crisi globale e , a tal proposito, si dovranno trovare soluzioni sia a livello interno che globale, le quali aiutino tutti i segmenti della nostra società, in particolare quelli che sono maggiormente vulnerabili o meno in grado di aiutare se stessi”.
IL LAVORO DOPO IL CORONAVIRUS
In queste settimane, l’Italia ha fronteggiato suddetta emergenza dal punto di vista occupazionale con l’utilizzo dello smart working , laddove era possibile, e i benefici di tale modalità sono molteplici e si possono misurare in termini di miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo e dei costi per gli spazi fisici.
Inoltre, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha stimato un incremento del 15% della produttività per lavoratore, e un aumento della produttività media del lavoro in Italia di circa 13,7 miliardi di euro.
Tuttavia, sono molte le criticità che rallentano la diffusione di questa modalità lavorativa nel nostro Paese, soprattutto tra le PMI dove solo il 12% ha attuato progetti di smart working strutturati e l’11% iniziative di lavoro agile informali, con bel il 51% dei manager che ancora oggi non prende in considerazione tale opzione.
Orbene, questi dati, però, che pongono un’efficienza di tale modalità lavorativa, in realtà, nascondono delle criticità che non possono essere sottovalutate, come l’overwork , da un lato, uno studio dell’università di Cardiff, ha messo in evidenza che le ore di lavoro di un dipendente che opera in smart working è di gran lunga a quello d’ufficio.
Difatti, il rischio di lavorare da casa è di oscurare la vita privata, dal momento che non vi è una linea di demarcazione tra la vita privata e il proprio lavoro.
Dall’altro, invece, il senso di solitudine che ne può conseguire. Operare in smart working può precludere degli elementi naturali per i lavoratori che operano in ufficio, come porre in essere nuove relazioni sociali con i collaboratori e clienti.
Allo stesso tempo, la vita d’ufficio è un momento di crescita culturale, dal momento che con i propri colleghi ci si può confrontare, scambiare idee, condividere competenze e possibili soluzioni alle varie problematiche.
Pertanto, la modalità smart working ha degli elementi, sicuramente, positivi ma come si è evidenziato si pongono delle problematiche dirimenti sia per la tutela del lavoratore, dal momento che non possono essere sacrificati i diritti di questi ultimi sull’altare dell’efficienza e della produzione.
Naturalmente, non è questa la sede opportuna per discernere i tanti filosofi e giuristi che si sono battuti per le conquiste dei lavoratori, ma sicuramente non possono essere messe nel dimenticatoio.
Allo stesso modo, nemmeno è utile per il senso di comunità, immaginare una rivoluzione dei lavori tradizionali con modalità da remoto, basti pensare, in particolar modo, al mondo della scuola e dell’università, che si fondano sul rapporto umano e relazionale tra docenti e studenti , ma ciò può essere riportato anche in altri ambiti lavorativi.
Orbene, la festa dei lavoratori di quest’anno ci deve far riflettere su che mondo del lavoro e che società vogliamo avere nel futuro, dato che molto probabilmente vi sarà un mutamento della società e dell’economia.
Pertanto, bisogna farsi trovare pronti e con le idee ben salde, difatti, saremo chiamati a porre in essere delle scelte importante e non potranno essere fatte in modo superficiale o mediante degli slogan.
In queste ultime settimane, si è aperto un dibattito serio e ampio sulla digitalizzazione della società, tanto è vero che il Presidente del Consiglio ha dichiarato di voler inserire internet in Costituzione, in riferimento alla possibilità che tutti i cittadini possano utilizzarlo, in quanto lo Stato deve permettere che ogni cittadino ne possa usufruire, da immaginare un possibile richiamo nell’art. 3 della Costituzione.
Ebbene, tale scelta non può e non deve diventare un mero slogan propagandistico, bensì bisognerà acquisire una consapevolezza di ciò che è diventato internet per i consociati, al fine di realizzare una legiferazione coerente con la nostra Costituzione, per tutelare, davvero, i diritti dei cittadini e migliorare le loro vite.
Difatti, non è pensabile poter abdicare le conquiste dei diritti dei lavoratori fatta dai nostri nonni, in nome della mera efficienza e produzione delle imprese.
di Carlo Conte