Settantasei anni fa il bombardamento di Hiroshima

Settantasei anni fa il bombardamento di Hiroshima

6 Agosto 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

Gli studi relativi alla fabbricazione di una bomba capace di sfruttare la radioattività dell’uranio, per innescare una deflagrazione di potenza incomparabilmente superiore a quella di qualsiasi altro esplosivo, cominciarono nel 1939 negli USA, e nel 1940 in Germania e in Inghilterra. L’energia «atomica» era una scoperta scientifica recentissima: la radioattività di alcuni elementi che si trovano in natura, fra cui appunto l’uranio, se opportunamente indirizzata, è in grado di spaccare i nuclei degli atomi che colpisce, i quali a loro volta, esplodendo in tutte le direzioni, provocano la rottura di tutti gli atomi che incontrano, in un’enorme reazione a catena. Si sapeva dunque, anche se questi studi erano coperti dal segreto più assoluto, che una grandissima novità stava per essere fornita dalla ricerca scientifica all’industria degli armamenti. I tedeschi erano molto vicini al risultato. È per questo che non si arresero negli ultimi mesi di guerra, quando la loro sorte sembrava definitivamente segnata. Erano addirittura più avanti dei loro avversari nella realizzazione di un missile capace di portare le bombe sull’obiettivo, evitando la contraerea nemica. Il loro primo vettore si chiamava V1. Era un razzo di grande portata, ma lento, che poteva essere colpito in volo. Molto più progredito era il V2, che nel settembre ’44 colpì Londra dall’Olanda. Il V2 era teleguidato e raggiungeva i 5000 km orari, sfuggendo a qualsiasi possibilità di intercettazione dell’epoca. Ma la testata del V2 non era ancora l’arma segreta a cui gli scienziati stavano lavorando, e quindi il missile tedesco per il momento era in grado di arrecare danni assai limitati. Fin dal 1943 un gruppo di fisici nucleari americani furono riuniti in un laboratorio protetto dal segreto militare a Los Alamos, nel deserto del New Mexico, sotto la direzione di Robert Oppenheimer (1904-67). Fra di loro c’era anche il premio Nobel Enrico Fermi, che le leggi razziali avevano allontanato dall’Italia. Due anni più tardi la tecnologia dell’esplosione nucleare era stata messa a punto, e il 16 luglio 1945 i militari poterono sperimentare la prima bomba atomica della storia. A quella data i tedeschi si erano già arresi, ma i giapponesi no.

Il 6 agosto 1945 un aereo americano sganciò una bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima. In un attimo furono uccise ottantamila persone. Meno che nei maggiori bombardamenti convenzionali. Infatti il doppio ne erano morte in marzo a Tokyo; a Dresda in febbraio il triplo. Ma decine di migliaia di ustionati e di contaminati morirono nei giorni, nei mesi e ancora negli anni seguenti. Tre giorni dopo, una seconda bomba atomica fu lanciata sulla città industriale di Nagasaki, e fece altri quarantamila morti. Dopo poche settimane anche il Giappone si arrese, con la sola condizione di conservare il suo imperatore, che per la religione nazionale scintoista è figlio del Cielo.

L’immensa novità della bomba atomica non era nella quantità delle vittime provocate dalle due esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, ma nel prodigioso salto tecnologico così realizzato dalla guerra. Un solo uomo in pochi secondi poteva ormai cancellare dalla faccia della terra una città con tutti i suoi abitanti. Tutti i sopravvissuti hanno conservato dell’esplosione atomica un ricordo devastante, particolarmente legato all’innaturalità dell’evento: un’immensa luce di tipo mai visto ha rischiarato il cielo a molti chilometri di distanza e nel luogo dell’esplosione tutto è stato totalmente annientato come da una potenza estranea alla possibilità di comprensione razionale. Degli uomini bruciati dall’esplosione sono rimasti dei fantocci anneriti o addirittura soltanto impronte di forma umana nei muri. Nei giorni seguenti una «pioggia nera» di scorie radioattive ha portato la morte a grande distanza. Negli anni a venire la gente si è ancora ammalata, ed è morta, di mali inesorabili ed insoliti. La bomba atomica rappresenta l’altra estremità dell’orrore raggiunto dalla seconda Guerra mondiale nell’uccisione collettiva, oltre al campo di sterminio. Si tratta dei due grandi trionfi della morte di massa: ma due successi diversi, uno organizzativo e l’altro tecnologico. Il lager nazista è stato il punto culminante dell’organizzazione industriale applicata all’assassinio. Con una tecnologia semplice, ma con un’organizzazione sofisticata, la morte di un’intera popolazione è stata pianificata ed eseguita. La bomba nucleare è stata invece la realizzazione organizzativamente semplice ma tecnologicamente avanzatissima della morte di massa. In entrambi i casi le innumerevoli vittime sono state del tutto incolpevoli, altrettanto indifese, e radicalmente anonime, quindi totalmente disconosciute nella loro condizione di esseri umani. Gli scienziati furono i grandi protagonisti del nuovo salto nella capacità dell’umanità di distruggere se stessa rappresentato dalla tecnologia nucleare. Alcuni si ritrassero inorriditi, altri condivisero la speranza che la follia della guerra potesse essere così controllata. Enrico Fermi scriveva ad un suo collega, due settimane dopo Hiroshima: «Noi tutti speriamo che l’uso futuro di queste nuove invenzioni sia su una base ragionevole e serva a qualche cosa di meglio che a rendere le relazioni internazionali ancora più difficili di quello che sono state fino ad ora».

La tecnologia nucleare è da allora enormemente progredita, ma l’arma atomica non è stata mai più usata. Oggi un suo uso massiccio sarebbe in grado di eliminare centinaia di milioni di esseri umani nelle prime ore di guerra, e in breve tempo la maggior parte delle forme di vita sulla terra. Sopravvivrebbero probabilmente gli insetti. Se invece la bomba atomica non dovesse più essere usata, sarebbe la prima volta nella storia che l’umanità rinuncia a servirsi di un’arma decisiva. Si sarebbe così realizzato il paradosso di un’immensa e costosissima produzione industriale destinata ad un uso puramente virtuale, per costruire una minaccia nell’equilibrio del terrore, così sconvolgente da non poter essere messa in pratica.

La città giapponese di Hiroshima ha commemorato oggi, 6 agosto, il bombardamento nucleare subito dalla città 76 anni fa, il 6 agosto 1945. Il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha ribadito in occasione della cerimonia annuale l’esortazione ai leader mondiali a sostenere il bando Onu alle armi nucleari, entrato in vigore lo scorso gennaio. Dopo un momento di silenzio alle ore 8.15 – l’ora esatta dell’esplosione della bomba atomica – il sindaco ha anche sottolineato l’importanza degli sforzi individuali per mutare le politiche governative. “La via verso l’abolizione della armi nucleari non sarà agevole, ma un raggio di speranza giunge dalle giovani generazioni che assumono il testimone della missione dagli hibakusha”, ha detto Matsui, riferendosi alle vittime dei bombardamenti atomici. “Le armi nucleari sono la forma di violenza umana definitiva. Se la società civile deciderà di vivere senza di esse, si spalancheranno le porte di un nuovo mondo libero dalle armi atomiche”, ha detto il sindaco. Il primo ministro del Giappone, Yoshihide Suga, ha osservato l’anniversario del bombardamento di Hiroshima esortando a “perseverare sulla strada di iniziative realistiche” verso la non proliferazione nucleare, in un contesto di sicurezza reso complicato da crescenti divergenze strategiche tra le maggiori potenze globali.

Di Francesco Mazzariello

Bibliografia:

Storia moderna e contemporanea. IV. Il Novecento; Paolo Viola.