“Too Good To Go”, l’app contro lo spreco alimentare

“Too Good To Go”, l’app contro lo spreco alimentare

6 Aprile 2021 0 Di Alessandro Mazzaro

Sulla Terra oltre 820 milioni di persone soffrono la fame, dopo decenni di miglioramento. Dal 2015 il trend positivo si è invertito e la fame ha ricominciato a crescere; contemporaneamente circa 2 miliardi di persone sono considerate sovrappeso o obese. Ma i sistemi alimentari globali hanno un altro paradosso, lo spreco e perdita di cibo che se ridotti potrebbero compensare i bisogni alimentari anche in futuro. È quanto dice il WWF. La nota ONG riporta anche una stima della FAO, secondo cui la produzione alimentare necessaria al 2050 richiederebbe un aumento nella produzione agricola del 60-70%, considerati l’incremento previsto della popolazione umana (che dovrebbe raggiungere per quell’anno quasi 10 miliardi di persone) e i cambiamenti attesi nella dieta e nei livelli di consumo associati all’incremento dell’urbanizzazione. Circa 1/3 del cibo prodotto per il consumo umano (circa 1,3 miliardi di tonnellate) viene perduto o sprecato ogni anno. Basti pensare che il 14% della produzione alimentare mondiale va persa o sprecata tra le fasi della filiera comprese tra il raccolto e la vendita al dettaglio, con perdite per 400 miliardi di dollari, e che ogni anno più della metà della frutta e degli ortaggi prodotti a livello globale vengono persi o sprecati.

Too good to go“, letteralmente “troppo buono per essere buttato”, nata nel 2015 in Danimarca contro lo spreco alimentare ma arrivata in Italia da 2 anni, si sta diffondendo sempre di più, probabilmente anche grazie all’aumento del ricorso al servizio di asporto dovuto alle limitazioni imposte dai decreti. Il movimento che ha dato vita a questa idea nasce da un gruppo di giovani che aveva, e ha la volontà di tentare di arginare, almeno in parte, il problema limitando lo spreco generato nel penultimo passaggio della filiera (dalla produzione al consumo): la vendita al dettaglio. L’obiettivo di questa iniziativa è “rendere tutti partecipi nella lotta agli sprechi” e per questo hanno deciso di coinvolgere “le persone, le aziende, le scuole e la politica” perché solo “unendo le forze saremo in grado di generare un cambiamento positivo”.

Consiste quindi in una piattaforma di incontro tra domanda e offerta (in eccesso) ed è quindi rivolta ai titolari di esercizi commerciali che vendono generi alimentari e ai loro clienti senza i quali, ovviamente, non sarebbe raggiunto il risultato di non buttare il cibo fino a quel momento rimasto invenduto. I commercianti preparano la “magic box” componendola a loro piacimento e gli acquirenti la possono prenotare, senza sapere cosa troveranno dentro, a un prezzo ridotto di un terzo rispetto al valore del “pacchetto”.

“Noi ci siamo iscritti da pochissimo, solo due settimane fa – racconta il titolare di un bar pasticceria del centro di Savona a IVG -, perché sono passati due rappresentanti di zona e ci siamo decisi a farlo anche se sapevamo già dell’esistenza di questa opportunità. Per noi è gratuita l’iscrizione, però l’azienda trattiene una percentuale, intorno al 30%, di quello che noi vendiamo”.

“Crediamo che sia una bella iniziativa che possa limitare i danni dello spreco alimentare – commenta entusiasta -. Invece di buttare il cibo avanzato a fine giornata come brioche o focaccia, ma anche una marmellata che si sta per avvicinare alla scadenza, lo vendiamo al prezzo di costo. Finora siamo riusciti a vendere tutto quello che abbiamo messo in vendita e abbiamo notato una grande risposta dai cittadini e dai savonesi che sono molto sensibili a questo argomento. Quasi tutti i giorni abbiamo qualcosa con cui fare la ‘magic box’ anche se è difficile calibrare la quantità, soprattutto in questo periodo. I nostri pacchetti hanno valore di 9 euro e li vendiamo a 2,99″.

Oltre all’aspetto economico “meglio vendere a un prezzo basso piuttosto che gettare via” viene presa in considerazione anche la visibilità che la propria attività ottiene così: “Per noi è utile sia perché evitiamo di avere piatti invenduti ma anche perché rappresenta per noi una vetrina con la quale ci facciamo pubblicità. Noi cuciniamo le nostre portate e facciamo una media di 4/5 box al giorno con primo, secondo e dolce, sia per pranzo che per cena, per un valore di 15 euro vendendolo a 4,99 e li riusciamo a vendere tutti. Le prenotazioni arrivano sempre un’ora o due prima. Poi i soldi non li incassiamo subito – puntualizza -, e sotto questo punto di vista è un investimento”.

Con questa app si limita lo spreco in una sola fase della filiera alimentare ma grazie a questa idea in Italia si sono salvati 2.390.214 pasti. Al mondo – spiega il sito -“1.6 miliardi di tonnellate vengono sprecati ogni anno, cioè circa un terzo del cibo prodotto per il consumo umano”. Come riportato sul sito del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), con l’espressione “spreco alimentare” si fa riferimento al cibo non consumato che si trasforma così in rifiuto.

Più precisamente si distingue tra perdita e spreco. La perdita – come riportato dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) – è la “riduzione non intenzionale di cibo causato da inefficienze del sistema nella fase di produzione, di post raccolto e di lavorazione dei prodotti”. Invece con spreco si indica “lo scarto intenzionale di prodotti commestibili, soprattutto da parte di dettaglianti e consumatori”, quindi nell’attività di ristorazione e di vendita di prodotti alimentari ma anche nell’attività di cucina domestica.

Questo fenomeno – come precisano sul sito dell’app – ha un impatto su diversi aspetti dell’ambiente: dai danni alla terra e al mare a cui si sottraggono risorse sia in termini diretti (pesca) che in termini indiretti (energia e acqua usati per produrre il cibo) che quindi hanno un effetto negativo sull’ambiente se si sfrutta eccessivamente sprecando preziose risorse generando un danno economico, ma non solo, nel presente ma anche nel futuro, rendendo il sistema insostenibile per le generazioni future.

A livello europeo ci sono diverse iniziative di intervento. In Italia la questione è stata istituzionalizzata attraverso la legge Gadda del 2016 che si pone come obiettivo ridurre gli sprechi attraverso “il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale” contribuendo così a “limitare gli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali mediante azioni volte a ridurre la produzione di rifiuti e a promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti”.