Ristoranti, i più colpiti dal Covid-19. Come potrebbe essere la loro ripresa?
3 Novembre 2020La crisi provocata dall’epidemia del Covid-19 rischia di fare molte vittime collaterali in vari settori produttivi. Più di tutti, però, i comparti del turismo, dell’ospitalità e della ristorazione sono destinati a pagare un pesante tributo in termini di perdite e di attività che colpite oltretutto nel periodo più remunerativo dell’anno si troveranno nell’impossibilità di riaprire una volta eliminato o ridotto al minimo il pericolo di un potenziale contagio. Sono molti gli addetti ai lavori che hanno elaborato precise richieste alle istituzioni altri che organizzano proteste e azioni simboliche per attirare l’attenzione sulle difficoltà del settore. La tipologia di crisi è improvvisa, quasi totalmente imprevedibile. Sono molto rare, per questo colgono quasi sempre impreparato qualsiasi organo interessato, sia decisionale, sia di supporto, sia operativo. Ciò avviene a qualsiasi livello: la crisi attuale è stata infatti in grado di bloccare i Governi di qualsiasi Paese in cui è esplosa con la sua potenza impressionante, in termini di velocità di contagio e di quantità di morti provocate.
La principale preoccupazione in questa fase è avere risorse per il pagamento degli stipendi, dei fornitori, degli affitti e delle imposte, mentre si aggrava rapidamente la situazione finanziaria e, dunque, la sfiducia per il futuro. Quattro locali su cinque di quelli in affitto, inoltre, non riescono a pagare regolarmente il canone di locazione, il 23,1% ha chiesto una sospensione o cerca di rinegoziarlo; si chiede con forza una moratoria sugli affitti. Preoccupa la mancanza di certezze sulle riaperture: per il 42,7% non si potrà tornare al lavoro per altri 2 mesi. Il 31,7% pensa a una riapertura a inizio maggio. E il 30% degli imprenditori già prevede di dover ridurre il proprio personale una volta ripresa l’attività. Altra richiesta immediata, è quella di estendere a tutti la possibilità di lavorare con l’asporto, rispettando tutti i parametri di sicurezza, come già avviene per gli esercizi di vendita di generi alimentari. Ci sarà comunque un “dopo”, al quale si deve pensare fin da ora, mentre in tanti nella ristorazione lottano anche solo per poterlo avere, quel “dopo”. La gestione strutturata delle crisi suggerisce delle metodologie per affrontarle: questo è un patrimonio culturale delle aziende di una certa dimensione, ben lontane come fatturati e organizzazione dalla maggioranza delle attività di ristorazione.
La crisi attuale ha reso necessario adattare metodologie ed esperienze alle dimensioni del comparto dell’ospitalità e della ristorazione, introducendo tecniche e termini nuovi. Si tratta di strumenti che consentono anche di capire come la crisi possa essere addirittura una risorsa per attuare un cambiamento in meglio, sfruttando, come si insegna nel judo, l’energia distruttiva che l’avversario ci rivolge contro per batterlo a nostra volta. La struttura di un piano di crisi però è complessa e richiede tempo e conoscenza di ogni singola realtà cui si applica; alcuni concetti e azioni sono però comuni alla maggioranza dei casi. Per affrontare questa crisi bisogna seguire alcuni suggerimenti:
1) Non farsi dimenticare. I clienti sono il patrimonio che si rischia di perdere. Se il locale non ha attuato in precedenza una vera politica di fidelizzazione del cliente, costituendo nel tempo un archivio con tutti i dati possibili, diventa difficile se non impossibile farlo ora. Chi può, deve raggiungere continuamente i propri clienti con qualsiasi mezzo, sms, mail, social, etc. per mantenere vivo il contatto e comunicare continuamente come sta affrontando la crisi, raccontando e raccontandosi. Non esistono solo i clienti, però: ci si deve ricordare anche dei fornitori. Sentirli, oltre che una cosa importante sul piano umano, permetterà di essere ricordati quando tutto ripartirà: non ci sarà da subito la disponibilità di merce che pensiamo o che eravamo abituati ad avere prima; inoltre, i distributori avranno dovuto buttare tutto lo scaduto che avevano in magazzino esattamente come i ristoratori, mancano braccianti che raccolgono, e mancheranno (soprattutto) anche per loro parecchi clienti che li pagheranno. Farsi ricordare da loro in questi momenti, può rivelarsi in seguito fondamentale.
2) Costruire. È il momento di pensare a cambiare, a sfruttare questo momento per ripensarsi e correggersi. Un periodo così lungo per ragionare è impossibile da trovare quando si è al lavoro. Anche per questo non è sempre una buona scelta buttarsi nel take-away e nella consegna a domicilio se non lo si è mai fatto, soprattutto se poi ci si appoggia a piattaforme di delivery (che hanno costi consistenti). Meglio lasciare perdere: non ci si guadagna praticamente mai e, molto probabilmente, non ci si farà ricordare bene, perché ciò che viene consegnato a casa non è che un lontano parente di quello appena preparato (e non trasportato) nel proprio locale. Pensare e ripensarsi sul serio, per quando si riaprirà, è forse l’investimento migliore e una maniera intelligente di sfruttare questo dramma. Importante è ripensare anche alla propria offerta: in molti casi, per quanto detto al punto precedente, le forniture saranno un problema e, dove possibile, per ripartire sarà necessario rivolgersi ad imprese agricole locali, studiare le risorse del territorio per non farsi trovare alla ripartenza con la dispensa vuota, a qualsiasi costo.
3) Conservare liquidità. È tra le cose più importanti da fare. Alla ripartenza saranno sicuramente privilegiati i ristoratori che potranno pagare le forniture subito, all’ordine. È importante quindi conservare quanta più liquidità possibile e trovarne di nuova.
4) Pensare ai dipendenti. I dipendenti non vanno dimenticati tanto quanto i clienti, soprattutto i dipendenti chiave, quelli su cui si conta e che sono affidabili. Nei limiti di quanto enunciato nel punto precedente e, di conseguenza, cercando di usufruire al più presto degli strumenti come la cassa integrazione, bisogna cercare di stare vicino ai propri dipendenti sentendoli abitualmente, condividendo i problemi umani che questa crisi sta portando a tutti. Questo contatto sarà un valore importante per fare “squadra” quando toccherà affrontare le importanti difficoltà della ripresa.
5) Prenotare le provviste dai distributori ora, prima di ripartire. Alla ripresa bisogna pensare da subito, adesso. Per questo, fin da ora è consigliabile prenotare le provviste necessarie per ripartire, cercando di farsi garantire la consegna dai distributori.
6) Pensare ai cambiamenti. Quale sarà la strategia migliore? Pensare di cambiare proposta, fare qualcosa di più economico, affiancare una offerta diversa con un menu ridotto e meno costoso… sicuramente sono queste le idee che passano per la testa della maggioranza dei titolari, non sono la scelta migliore. Qualsiasi locale ha impiegato del tempo per costruirsi una propria identità per cui è riconoscibile dalla clientela, sia in termini di immagine che di prezzo. Snaturarsi non conviene mai. È consigliabile invece pensare ad altre strategie, come ad esempio una politica di sconti (sul totale del conto o sul singolo piatto), studiata in funzione che ci si trovi davanti un cliente abituale o meno. In modo che, a emergenza passata, sia facile riallinearsi a un “prima” che, si spera, non sia diventato troppo lontano nel tempo o non sia più ripristinabile.
7) Comunicare la riapertura. Comunicare rimane sempre la chiave della gestione corretta di qualsiasi crisi. Comunicare la propria riapertura è fondamentale. E lo è altrettanto farlo in modo ragionato: impostare fin da ora i comunicati e mettere a budget una spesa per pubblicizzare sui social (e similari) la ripresa dell’attività, è una esigenza prioritaria, da pianificare adesso e non al momento in cui si saprà. Vista la difficile gestione di questa crisi, a qualsiasi livello, è lecito infatti presumere che la fine del blocco venga comunicata con poco preavviso. Programmare fin da ora questa fase, significa non farsi trovare impreparati ed essere ricordati dai clienti prima di quanto possa fare la concorrenza.