Diciannove anni fa l’attentato alle Torri Gemelle

Diciannove anni fa l’attentato alle Torri Gemelle

11 Settembre 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

“Se lo chiedi, ognuno di noi si ricorda perfettamente dov’era e cosa stava facendo in quel momento”. Ci sono date che restano per sempre, anche nel cuore di chi non le ha vissute o era troppo piccolo per poter ricordare. Una di queste è senza dubbio l’11 settembre 2001; sono oggi passati diciannove anni dall’episodio che oscurò le luci dell’alba degli anni Duemila. Dall’attentato che scosse il mondo.

È martedì. Sembra una giornata come tutte le altre. Il motore degli Stati Uniti d’America, New York, è in funzione e ogni ingranaggio sta svolgendo il suo compito, come da routine. Alle 08:46, però, questo motore inizia a collassare. La Torre Nord del World Trade Center vede schiantarsi su di essa il volo American Airlines 11 per mano di cinque dirottatori. Stesso destino toccherà alla Torre Sud alle 09:03, per mano di altri cinque dirottatori che fanno abbattere su di essa il volo United Airlines 175. Fumo e fiamme soffocano il cielo della Grande Mela. Chi ha la “fortuna” di assistere soltanto, è paralizzato dall’inquietante nube che si espande a macchia d’olio. Chi ha la sfortuna di essere nelle torri, o è già morto o sa di esserlo di lì a poco. Pochissimo. Molti di questi ultimi non vogliono soffrire fra le esplosioni, le fiamme e le macerie, e in più di 200 si lanciano nel vuoto, preferendo morire nell’impatto piuttosto che agonizzati. Una tragedia senza eguali.

Ma la folle sequenza di voli suicidi ha altri due aerei da portare a destinazione. Alle 09:37 la facciata ovest del Pentagono viene colpita dal volo American Airlines 77. Un ultimo schianto avviene in un campo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania, quando alle 10:03 il volo United Airlines 93 precipita lì a seguito di una rivolta dei passeggeri che, avendo capito di essere ostaggio di un attacco terroristico, decisero di dirottare l’aereo già dirottato, cercando di sabotare l’attentato. Riuscendoci. Si pensa che l’obiettivo di quest’ultimo suicidio volante fosse la Casa Bianca o il Campidoglio.

Sono trascorsi diciannove anni dalla data che segnò una spaccatura nel mondo contemporaneo. Niente è stato come prima. Dopo un’iniziale smentita, Osama Bin Laden rivendicherà la paternità di Al Qaeda sull’attentato. Si stima un bilancio di 2.996 vittime, fra cui i 19 dirottatori. Secondo il Center for Disease Control and Prevention, circa 400 mila persone nei giorni, nelle settimane e nei mesi successi all’attacco sarebbero state esposte ad agenti contaminanti, al rischio di ferite e di pesanti condizioni di stress (sicuramente, in questa cifra, rientrano forze dell’ordine e pompieri) . Con conseguenze che potrebbero durare per tutta la vita.

Ma perché questa tragedia scosse così tanto un mondo che, del resto, aveva già vissuto una serie di drammi? Una risposta potrebbe averla fornita il sociologo polacco Zygmunt Bauman:  “L’11 settembre ha introdotto il concetto di terrorismo, ma è un terrorismo che non viene percepito come qualcosa che è contro il sistema. Bensì viene percepito come una minaccia alla nostra personale incolumità e integrità fisica e/o patrimoniale. Siamo individui, e siamo a rischio. Ecco cosa ci dice oggi il terrorismo”.

Ne sono state dette tante sui moventi e i responsabili dell’accaduto. Si è ipotizzato tutto e il contrario di tutto. Se anche restassimo sempre infinitamente distanti dalla realtà effettiva e su come prevenire catastrofi simili, c’è una cosa che, nel nostro piccolo, possiamo fare: coltivare la memoria. Ricordare la spaventosa portata dell’evento. Cercare di stigmatizzare ogni forma di violenza, fino a isolarla e lasciarla morire. Se non si parte dal basso, difficile arrivare in alto.

“Nulla dies umquam memori vos eximet” scrisse Virgilio nell’Eneide. Cioè “Nessun giorno vi cancellerà dalla memoria del tempo”. Questa frase è stata ripresa e tradotta in “No day shall erase you from the memory of time”, riadattandone (probabilmente inconsapevolmente) il significato originale; ora questa scritta campeggia sul muro del National September 11 Memorial Museum di New York, in lettere fatte con la fusione dell’acciaio delle Twin Towers.

Di Francesco Mazzariello