Storie di Resilienza: un’altra vita è possibile

Storie di Resilienza: un’altra vita è possibile

4 Luglio 2020 0 Di Arianna Bruno

Si chiama Giovanni (il nome è di fantasia ma la storia è reale e sta avvenendo nel Vallo di Diano), ha avuto un passato travagliato, un’adolescenza complicata tra reati contro il patrimonio, atti di bullismo, problemi vari con la legge e con la vita. Non è stato affatto una persona facile da gestire, da educare, da affrontare. Uno dei quei soggetti che mette timore ai coetanei ancora ragazzini e che speri di non incontrare mai lungo la tua strada. Sbagli ne ha fatti tanti, troppi. Ma, in questa storia c’è un ma che si spera non decada nel tempo.

Riprendiamo. Ma a un certo punto dopo il carcere, dopo i giorni passati in compagnia di persone che di lui non hanno certo paura, anzi, dopo i lutti in famiglia, il nostro Giovanni inizia a comprendere che un’altra vita, forse, è possibile. In questo caso importante anche il lavoro dei servizi sociali, delle pene detentive alternative, del Comune che ne permette l’uso. Senza timori e senza pregiudizi. Lavori di pubblica utilità che non tutti i detenuti vogliono fare, occorre dire. Prima di comprendere l’inizio della svolta di Giovanni (che è ancora nel pieno del suo cambio di vita e ovviamente il pericolo di un’inversione appare sempre possibile), bisogna esaminare un aspetto del suo carattere. Ama la pulizia, la precisione. Guai se le sue scarpe bianche si sporcano.

Guai se l’auto non brilla. La casa dove abita il nostro Giovanni, che ora ha circa trent’anni, è quasi immacolata. È pulita, limpida. Come quelle protagoniste di una pubblicità di un prodotto di pulizia. Una sintesi di un suo modo di essere che ci porta alla svolta. Una pena detentiva alternativa può essere quella di pulire le strade del paese, diventare uno degli spazzini, un operatore ecologico addetto al decoro urbano. Il sindaco ha l’intuizione, Giovanni non si tira indietro. Inizia a pulire il proprio paese, lo fa con passione, si sente utile (e lo è davvero) per la sua comunità. Non fa più paura, anzi è apprezzato. Alcune sue abitudini sono ancora particolari, ma – caso vuole – si sposano bene con la sua nuova vita. Tra queste soprattutto il vivere la notte più del giorno. Poco dopo mezzanotte prende il suo carrello, le scope di saggina, infila i guanti e indossa la casacca fluorescente. La sua divisa di lavoro. Le vesti di una nuova vita. Un lavoro che è continuato anche dopo aver terminato i servizi sociali.

La svolta è fatta di comprensione degli errori e soprattutto di capire che un altro mondo è possibile. Così Giovanni ha fatto.

di Pasquale Sorrentino