Scuola: la didattica a distanza può aumentare le diseguaglianze

Scuola: la didattica a distanza può aumentare le diseguaglianze

3 Luglio 2020 0 Di Arianna Bruno

«La chiusura delle scuole pesa su 853 mila famiglie che fanno fatica a conciliare i tempi di vita e lavoro: ad essere più penalizzate sono il 38% delle madri, costrette a modificare gli orari del proprio impiego». È quanto emerge dal rapporto annuale dell’Istat, che ha sottolineato come la didattica a distanza e la chiusura delle scuole imposta dall’emergenza epidemica può produrre un aumento delle diseguaglianze tra i bambini.

Il mezzogiorno è più penalizzato: il 19% dei bambini non possiede pc o tablet per la didattica a distanza

«Nel biennio 2018-2019 il 12,3% dei minori di 6-17 anni (pari a 850mila) non ha un pc né un tablet ma la quota sale al 19% nel Mezzogiorno (7,5% nel Nord e 10,9% nel Centro). Lo svantaggio aumenta se combinato con lo status socio-economico: non possiede pc o tablet oltre un terzo dei ragazzi che vivono nel Mezzogiorno in famiglie con basso livello di istruzione – si legge nel rapporto – Il 45,4% degli studenti di 6-17 anni (pari a 3 milioni 100mila) ha difficoltà nella didattica a distanza per la carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con altri fratelli o comunque in numero inferiore al necessario».

Secondo l’Istituto, dei svantaggi aggiuntivi per i bambini possono derivare dalle condizioni abitative. Il sovraffollamento abitativo in Italia è più alto che nel resto d’Europa (27,8% contro 15,5%), soprattutto per i ragazzi di 12-17 anni (47,5% contro 25,1%).

Le donne hanno più difficoltà a conciliare vita privata e lavoro

«Si stima che lo shock organizzativo da Covid-19 possa aver interessato almeno 853 mila nuclei familiari con figli sotto i 15 anni (583 mila coppie e 270 mila monogenitori). Si tratta di casi in cui l’unico genitore, o entrambi, svolgono professioni che richiedono la presenza sul luogo di lavoro e sono quindi a elevato disagio da conciliazione se non c’è l’aiuto dei nonni. Tra questi nuclei, sono 581 mila quelli con genitori occupati in settori rimasti attivi anche nella fase del lockdown – prosegue l’Istat – le difficoltà di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro pesano soprattutto sulle donne. Il 38,3% delle madri occupate (42,6% se con figli da 0 a 5 anni) modifica orario o altri aspetti del lavoro per adattarli agli equilibri familiari mentre i padri lo fanno in misura molto minore (rispettivamente 11,9% e 12,6%)».