Sessant’anni da «L’anno dell’Africa»

Sessant’anni da «L’anno dell’Africa»

2 Luglio 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

Sono trascorsi sessant’anni da “L’anno dell’Africa”. Il 1960 fu l’anno in cui diciassette Paesi si emanciparono dal dominio di Belgio, Inghilterra e Francia.
Il processo di decolonizzazione iniziò però nel 1945, a seguito della fine della Seconda guerra mondiale. Le potenze mondiali, dopo il conflitto, erano deboli. Cominciavano a crescere in Asia e Africa i movimenti nazionalisti. Dopo la prima fase, quella indiana, la decolonizzazione toccò i Paesi africani, qui sviluppatasi in un arco temporale compreso fra il 1956 e il 1965. I domini coloniali di Francia e Inghilterra andarono in frantumi dando luogo alla formazione nuovi Stati, che vennero definiti “Terzo Mondo” (ponendosi così accanto al “mondo” occidentale e al “mondo” comunista e schierandosi neutrale). Ben presto, la definizione di Terzo Mondo assunse valore negativo a causa del sottosviluppo economico.
Nel Nordafrica, la Libia divenne nel 1951 una monarchia indipendente con re Idris as-Sanusi. Nel 1969 un golpe militare condusse al potere Muhamar Gheddafi. La Tunisia, forse il Paese più evoluto del continente, ottenne l’indipendenza dalla Francia il 20 marzo 1956 e il 25 luglio, a seguito della deposizione di re Sidi el-Amin, fu proclamata la Repubblica Tunisina. Habib Burghiba, il nuovo presidente, avviò una politica di riforme radicali, come il voto alle donne e l’abolizione della poligamia. Anche il Marocco conseguì la dipendenza nel 1956, dandosi un ordinamento monarchico costituzionale. Gli episodi più violenti si registrarono in Algeria, dalla Francia considerata come un territorio metropolitano. Tra il 1954 e il 1955 iniziò la guerra di liberazione da parte del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) guidat da Mohammed Ben Bella. La repressione delle truppe francesi raggiunse il culmine fra 1956 e 1957. Sarà poi il presidente francese Charles De Gaulle ad aprire le trattative di pace che portarono, nel 1962, alla definitiva indipendenza della colonia.
Le colonie africane dell’Inghilterra conseguirono l’indipendenza fra il 1957 e il 1965. La Nigeria ottenne l’indipendenza nel 1960 (nello stesso anno in cui la Francia dovette riconoscere l’indipendenza del Madagascar). Il Sudafrica si staccò dal Commonwealth nel 1961. Il Belgio concesse l’indipendenza ai propri territori tra il 1960 e il 1962. Fra i suoi territori c’era il Congo.
La Repubblica indipendente del Congo fu proclamata il 30 giugno 1960, dopo cinquantadue anni di egemonia belga, e due giorni fa sono trascorsi sessant’anni. Per l’occasione il re Filippo del Belgio ha detto: “Vorrei esprimere i miei più profondi rimpianti per queste ferite del passato, il dolore è rianimato oggi dalle discriminazioni ancora presenti nelle nostre società”. Oggi però, sembrerebbe che non ci sia molto da celebrare. Negli ultimi ventitré anni, le malattie hanno causato dieci milioni di morti
Le battaglie per la decolonizzazione furono sacrosante rivendicazioni identitarie di popolazioni schiacciate con la forza e depredate di tutto. E le cicatrici non sono mai sbiadite, perché a seguito della decolonizzazione nacque il Neocolonialismo. Il mercato locale delle zone in questione era (ed è) troppo povero, e questo condusse a un nuovo assoggettamento al potere industriale ed economico dei Paesi più sviluppati; magari proprio chi gli aveva formalmente riconosciuto l’indipendenza. La questione è veramente intricata, e le logiche che muovono tutto sembrano essere sempre più fuori dalla portata di comprensione di comuni cittadini. Un tunnel senza luce in fondo. Le riflessioni su cosa potremmo fare per smuovere gli equilibri (che causano squilibri significativi) sono estremamente personali, e per questo sembra ancora più improbabile una comunione di intenti spinta da coesione ideologica.

Di Francesco Mazzariello