Emergenza Coronavirus e crisi economica: quali conseguenze?

Emergenza Coronavirus e crisi economica: quali conseguenze?

20 Giugno 2020 0 Di Alessandro Mazzaro

L’emergenza pandemica non avrà solo delle conseguenze sulla salute nei vari Stati, ma andrà ad incidere notevolmente sulle comunità dal punto di vista economico e sociale. Tanto è vero che, tutti gli istituti economici più qualificati mettono in evidenza la perdita dei Pil dei singoli Stati, con delle conseguenze notevoli nelle varie società.
Già nella fase di massima espansione del virus in Italia si notavano delle spinte disgregatrici nella società, a causa delle mancanza di efficacia della Pubblica Amministrazione nel distribuire gli aiuti economici alle fasce sociali più colpite e in difficoltà.

Ebbene, in questi mesi sono andati formarsi sull’onda emotiva della crisi dei veri e proprio movimenti “liquidi”, come forma di protesta nei confronti delle Istituzioni nazionali e sovranazionali.

Va pure evidenziato, come nei periodi di crisi economica è consuetudine il formarsi di movimenti sociali, che possono avere diverse caratterizzazioni, ma tutte hanno un elemento comune che è il sovvertimento dell’ordine politico e sociale.

È dirimente, prendere in considerazione che la eventuale crisi economica che deriverà dall’emergenza pandemica, si andrà ad aggiungere ad altri fattori, quali la crisi della globalizzazione e del paradigma economico e sociale neo-liberale i quali avevano già determinato la crisi economica del 2008, da cui alcuni Stati, come l’Italia, non erano del tutto usciti.

Pertanto, è fondamentale immaginare ad una ricostruzione di una società intermediata non solo dal punto di vista formale, ovvero con la nascita di nuovi corpi intermedi, ma risulta opportuno che si sviluppino nuove visioni e nuovi manifesti politici e culturali delle varie grandi ideologie, dal momento che in questi anni è venuta a mancare la funzione delle formazioni sociali nel nostro Paese, generando degli impulsi estremisti e disgregatrici che possono portare a conseguenze, molto spesso non immaginabili.

Ciò che è avvenuto nelle Piazze di Milano e Bologna , ovvero le manifestazione dei gilet arancioni, nonostante i numeri modesti che hanno fatto registrare, non possono essere , però, sottovalutate dal momento che in mancanza di formazioni sociali, che mitigano gli istinti e la rabbia dei cittadini, a causa delle difficoltà economiche, possono determinare scenari che ad oggi sono impensabili ed inimmaginabili, ma che negli anni si possono mutare in qualche altra cosa.

D’altronde, un esempio lampante è possibile rintracciarlo nel movimento dei gilets jaunes, che è nato nel 2018 per l’aumento dei prezzi sul carburante, ma in pochi mesi la protesta divenne uno scontro sociale, dal momento che i gilets gialli rimarcavano nel loro manifesto e nelle proteste in piazza lo status delle classi più deboli, rivendicando maggiori diritti sia nell’ambito lavorativo che socio-economico.

Altresì, nonostante potrebbe sembrare un paragone lontano e molto risonante, ma le istanze e le rivendicazione sia dei gilets jaunes che dei gilets arancione, fino ad arrivare al V-Day, sono confrontabili al manifesto del movimento dei fasci del 1929 .

È lapalissiano che non è intenzione esprimere giudizi o caratterizzare i movimenti odierni, con ciò che è avvenuto nella prima metà del ‘900, piuttosto è stimolante per la discussione posta in essere mettere in evidenza dei tratti comuni , seppur con parabole e risultanti diverse tra esse.

La riflessione rilevante da tenere in considerazione è che questi movimenti hanno una forte spinta sociale, proveniente dalle criticità sociali, così da risultare difficile da caratterizzare ed inquadrare chiaramente in una tradizione culturale e politica, bensì la particolarità è proprio la provenienza culturale, sociale e politica trasversale degli attivisti e dei cittadini che aderiscono a suddetti movimenti.

Quali conseguenze sociali e politiche potrebbe portare una crisi economica?

In momenti di crisi economica ,sociale e di sistema Paese è possibile che nascano movimenti di protesta, i quali si formano sul comune sentiment delle conseguenze economiche che colpisce lunghe fette della popolazione.
Se, da un lato, si può notare come vi sia un elemento comune, quale la richiesta di tutela nell’ambito lavorativo e sicurezza sui territori, oltre che una critica imponente alla classe dirigente nei vari movimenti sociali e di protesta che si sono susseguiti nella storia del nostro Paese, come i “ fasci di combattimento” del 1929, fino ad arrivare al movimento dei Gilet Jaunes in Francia del 2018, passando dal V-Day ,in Italia, diffusosi negli anni della grave crisi economica del 2008.

Ebbene, se prendessimo in considerazione i manifesti politici di questi grandi movimenti di protesta, si può notare come siano sovrapponibili nonostante sono nati in periodo storici completamente distanti tra essi, ma in condizioni politico-economiche molto simili, ovvero in prossimità di gravi crisi economiche e di sistema.
Difatti, i fasci devono essere inquadrati storicamente tra la I guerra mondiale, che era finita lasciando conseguenze sociali e politiche notevoli e l’avvento della grave crisi reale e poi finanziaria del 1929, eppure nel loro manifesto politico suddiviso in tre sezioni: proposte sul piano politico-istituzionale, sociale e militare. Questa esperienza movimentistica si trasformò in un progetto politico assolutistico, che conosciamo bene ma anche altri fattori hanno influito notevolmente e non è la sede opportuna per disquisire di tale problematica.

Ciò che interessa mettere in evidenza, invece, sono le proposte del movimento popolare di protesta, che possiamo ritrovare nel manifesto dei Gilet Jaunes del 2018, i quali rivendicavano una condizione migliore degli operari, una rivisitazione del sistema pensionistico, la richiesta del salario medio, un aiuto alle piccole – medie imprese e la tutela delle fasce più in difficoltà della società, anche in relazione al tema della sicurezza.

Con delle sfumature differenti, suddette richieste e tematiche si evidenziarono anche nel movimento del V-Day, che si diffuse durante la crisi finanziaria e poi reale degli anni ‘2000, il quale in seguito poi si trasformerà in Movimento 5 Stelle, ponevano al centro della loro azione politica un cambiamento radicale della classe dirigente del Paese, dal momento che i cittadini erano attanagliati dalla crisi economico – sociale e la classe politica era fortemente delegittimata, in quanto i partiti tradizionali avevano perso la loro funzione di raccordo tra i cittadini e i rappresentanti.
A tal proposito, è fondamentale sottolineare come all’epoca i consociati sostennero e diedero fiducia all’azione del Movimento nato dal malessere sociale, in maniera incontrovertibile, come una sorta di ancora di salvezza.

Difatti, il movimento popolare chiedeva maggiore coinvolgimento e protagonismo dei cittadini, tanto da teorizzare strumenti di democrazia diretta, per permettere ai cittadini di poter incidere nell’azione politica del Paese, poiché vi era un sentiment tra i consociati in quel periodo in particolar modo di nichilismo e sfiducia nei confronti delle Istituzioni a vario livello.

Pertanto, nei momenti di crisi è possibile il diffondersi di movimenti sociali, che si formano dal basso, ma anche dagli esempi riportati si può comprendere come vi siano sfumature e risultanti diverse, seppur partendo da elementi comuni, quali la sofferenza sociale ed economica, oltre la crisi delle istituzioni in quanto non capaci di intercettare e porre delle soluzione concrete e risolute al malcontento e alle difficoltà che attanagliano le fasce più deboli.

A tal proposito, ci si interroga se dopo l’emergenza sanitaria, economica e di sistema Paese avremo un movimento sociale che parta dal basso, dal momento che sono presenti tutti quei fattori sia dal punto di vista economico-sociale, sia per quanto riguarda la sfiducia nell’ operato della classe dirigente tout court, in quanto da un lato la politica risulta debole e le azioni messe in essere non riescono ad essere così incisive da contrastare le difficoltà che vivono i cittadini, a seguito della crisi economica, dall’altro lato viene meno anche la fiducia in un potere fondamentale dello Stato, quale quello giudiziario.

In questi giorni, si può assistere alle prime prove di formazione di movimenti popolari, fondati sulla rivendicazione dei propri diritti sociali e sulla sfiducia nei confronti della classe dirigente , tanto è vero che si definiscono Gilets Arancioni con un chiaro richiamo al movimento francese.

È lapalissiano che, siamo di fronte ad un momento storico molto particolare, in quanto si rischierà di vivere anni complessi, sia a causa di una crisi economica ancora più rigida e imponente di quella del 2008, sia per la debolezza dei partiti e della magistratura, dal momento che nei momenti di crisi molto spesso il popolo si affida proprio al potere giudiziario.

Pertanto se la politica non porrà in essere, contemporaneamente, sia un’azione riformatrice e di interventi dal punto di vista della crescita economica, sia una riforma istituzionale e politica del sistema Paese, con cui in primis i corpi intermedi ritornano ad avere quella funzione di crescita umana e culturale della popolazione, oltre che di mitigazione degli impulsi dei cittadini ed, in secundis, un ritorno alla credibilità del sistema giustizia dal punto di vista dell’efficienza e della gestione. Il rischio di un default non solo economico ma, anche, politico-istituzionale è molto elevato.

L’interrogativo permette di porre in essere una riflessione sulla rappresentanza politica e sulla necessità di “ripoliticizzare” la democrazia, dal momento che pare evidente che le classi dirigenti dei partiti e i loro leaders siano in forte difficoltà nel riuscire ad attrarre e rappresentare parti della società, in quanto mancano delle ideologie e dei luoghi in cui discutere e fidelizzare il cittadino.

Spesso ci si interroga su come creare cittadinanza attiva in una comunità, ma per ritornare ad avere una società non più silente e nichilista, è fondamentale avere nuove forme di partecipazione.
Risultano, ormai, superate e poco attrattive le sezioni dei partiti, associazioni e sindacati, perché quella modalità di fare politica è stata fortemente rimpiazzata dai sistemi telematici ed interattivi, con i quali si può rimanere in contatto ed informati senza che vi sia alcuno spostamento da parte del cittadino.

Tuttavia, nonostante tale maggiore coinvolgimento, la presenza di questi numerosi strumenti di comunicazione telematica, non ha generato un aumento della cittadinanza attiva in modo significativo, anche se potrebbe rappresentare il giusto mezzo per chi, come detto, è isolato nella produzione del proprio reddito .
Negli ultimi anni vi è stato un incremento di piattaforme digitali che hanno funzioni diverse, alcune permettono agli utenti di poter partecipare alle discussioni ed esprimere le proprie idee sulle diverse tematiche che vengono affrontate, altre sono l’equivalente dei partiti.

Alla forma, ovvero la struttura, da dover ripensare dei nuovi corpi intermedi, in quanto è fondamentale adattarsi al mutamento sociale, altrimenti si rischia di avere un sistema di rappresentanza anacronistico e poco attrattivo.
È fondamentale, però, anche la sostanza dei corpi intermedi, risulta dirimente riprendere il concetto di teologia politica, ovvero la formazione di grandi ideologie, visioni e orizzonti in cui i cittadini devono crederci e battersi, per far sì che vi sia una loro affermazione, come se fossero delle religioni.

In conclusione, si è in una fase molto delicata della società, dal momento che , da un lato, si sta entrando nella cosiddetta Era Digitale, la quale presenta le problematiche di immaginare nuove strutture e forme per i corpi intermedi, ma, dall’altro lato, le piattaforme digitali non potranno da sole sopperire al deficit di appartenenza ad una visione e un’ideologia come sono stati i partiti tradizionali di massa, a tal proposito si ritiene fondamentale immaginare nuove concezioni e visioni della società dell’oggi e del domani, con l’utilizzo delle nuove tecnologie, al fine di riuscire nuovamente ad intermediare la nostra società, poiché i corpi intermedi oltre alla funzione di rappresentare i consociati hanno anche un ruolo fondamentale nella crescita umana e culturale dell’intera comunità del nostro Paese, altrimenti si rischierebbe di avere nella società movimenti e gruppi informali “ liquidi”, che movimenteranno le piazze sulla scorta degli impulsi emotivi della popolazione senza che vi sia una visione della società, ma mettendo a rischio anche la tenuta di uno Stato di diritto, dal momento che come si è potuto evincere suddetti fenomeni sociali e politici possono avere delle parabole e risultanti imprevedibili, data la trasversalità degli attivisti e dei simpatizzanti.
di Carlo Conte