I danni dell’isolamento sulla nostra mente? C’è il Mindfulness
12 Giugno 2020In questi mesi abbiamo capito che l’isolamento e la quarantena sono stati strumenti efficace per contenere il contagio da coronavirus. Ma quale impatto ha avuto sulla nostra mente? Una review degli studi recenti, pubblicata su Lancet dagli psicologi del Dipartimento di medicina e psicologia del King’s College di Londra, cerca di tracciare il quadro delle ricadute dell’isolamento sulla salute, con lo scopo di contenere gli effetti negativi. Intanto bisogna distinguere tra isolamento previsto per le singole persone ammalate o contagiate, e quarantena di massa, che ha lo scopo di verificare lo stato di persone apparentemente sane per evitare il propagarsi del contagio. È quello che ha fatto la Cina con la città di Wuhan e che, sia pure con regole diverse, è stato chiesto anche a noi. In quarantena sono decadute le abitudini consolidate e spesso ci si è separati dagli affetti, quindi i due aspetti cruciali sono il senso di noia e l’isolamento. A questo in molte persone si aggiunge lo stress per il lavoro e la preoccupazione per gli effetti economici sulle loro attività. Il modo di affrontarli cambia molto in base alle risorse interiori personali, ma in generale i disagi che ne derivano sono un calo del tono dell’umore, maggiori livelli di ansia e paura, irritabilità, insonnia, confusione mentale e disturbi cognitivi, che vanno dalla difficoltà a mantenere la concentrazione alla ridotta attenzione. Il coronavirus ha portato delle conseguenze psicologiche del Coronavirus. Esse sono:
1. La clausura per più di 10 giorni provoca stress
Una delle misure che i governi hanno attuato per prevenire la diffusione del Coronavirus e per superare la malattia (quando i sintomi sono lievi), è quella della quarantena, ovvero il totale isolamento per una durata di 15 giorni. A partire dall’undicesimo giorno emergono lo stress, il nervosismo e l’ansia. Con una reclusione che superi i 15 giorni gli effetti potrebbero diventare molto più gravi e difficili da gestire per la maggior parte della popolazione.
2. Conseguenze psicologiche del Coronavirus: la paura dell’infezione diventa irrazionale
Una delle conseguenze psicologiche più evidenti del Coronavirus è la paura di venire infettati. Quando una situazione di epidemia o pandemia si espande, la mente umana tende a sviluppare delle paure irrazionali.
Ciò porta a sviluppare anche paure sempre più infondate, come il timore irrazionale che l’infezione possa provenire dagli alimenti che mangiamo, oppure che possa essere trasmessa dai nostri animali domestici… Sono situazioni limite alle quali non si dovrebbe mai arrivare.
3. Noia e frustrazione
In un contesto in cui l’interazione sociale è ridotta al limite, dove regna il silenzio nelle strade e siamo costretti a stare chiusi in casa, è evidente che il demone della noia non tarderà ad arrivare. Anche se i modi per combatterlo sono molti. Quando i giorni passano e l’incertezza cresce, ecco che fa arriva la frustrazione. L’incapacità di mantenere il nostro stile di vita e la nostra libertà di movimento ci fa precipitare verso un baratro di emozioni complesse e problematiche.
4. Conseguenze psicologiche del Coronavirus: sensazione di mancanza dei beni di prima necessità
In un contesto di epidemia o pandemia, la mente tende ad agire per impulsi. Una delle conseguenze di ciò è l’acquisto compulsivo. Tutto questo ci rimanda alla piramide delle necessità di Abraham Maslow, secondo cui per stare bene, l’uomo ha bisogno innanzitutto di rifornirsi di alimenti e beni di prima necessità.
5. Perdita di fiducia: non ci stanno dicendo le cose come stanno
Tra le conseguenze psicologiche del Coronavirus vi è la perdita di fiducia verso le fonti ufficiali di informazione. Il COVID-19, inoltre, è un avversario sconosciuto come lo era la SARS ai suoi tempi. Le autorità rispondono sulla base dei progressi e degli eventi registrati giorno per giorno. La sfiducia da parte della popolazione può diventare il peggior nemico, favorendo il propagarsi di teorie paranoiche e complottiste, allontanandoci dalla risoluzione del problema.
6. Le persone con disturbi psicologici possono peggiorare
Come dicevamo all’inizio, la popolazione più sensibile, le persone con depressione, fobie, ansia generalizzata, disturbi ossessivo-compulsivi, possono soffrire più di chiunque altro in questo contesto. Alla luce di ciò, è di vitale importanza che si sentano supportate e che non trascorrano da sole queste giornate.
7. Il peggior nemico di tutti: il pensiero negativo
C’è un fattore evidente ed estremamente pericoloso che può impattare negativamente sulla nostra salute mentale: il pensiero catastrofico. La tendenza ad anticipare il peggio, quella voce che ci sussurra che perderemo il lavoro, che le cose non torneranno come prima, che finiremo in ospedale, che qualche persona a noi cara non ce la farà, che l’economia crollerà. Sicuramente è importante prendersi cura della nostra salute seguendo tutte le misure di prevenzione, ma allo stesso tempo è importante anche la nostra salute psicologica.
Ciò che ci può aiutare a sconfiggere tutti questi pensieri negativi e l’ansia è la Mindfulness, uno strumento di osservazione della mente. Esattamente come un microscopio ci consente di visualizzare particelle molto piccole che l’occhio umano non riesce a vedere, così questa pratica di consapevolezza ci permette di osservare i pensieri che affollano il nostro spazio mentale. «Uno degli aspetti centrali di queste pratiche è proprio la capacità di riuscire a riprendere in mano le redini della nostra attenzione». Ha un grande impatto sul nostro benessere complessivo. «Questa azione molto concreta possiamo ripeterla ogni volta che la nostra mente torna a quei pensieri». In questo modo, gradualmente, iniziamo a creare uno spazio, una distanza da quei pensieri automatici di cui diventiamo preda. Ovviamente non è che, acquisita questa consapevolezza, magicamente i pensieri negativi scompaiono, anche perché la nostra mente ne produce di continuo. Grazie alla Mindfulness impariamo a convivere con queste “routine negative”; e spesso riusciamo anche a ignorarle e a lasciarle sullo sfondo». È un processo che però richiede tempo e pazienza. Perciò il primo approccio alla Mindfulness è l’Mbsr, Mindfulness based stress reduction: un programma scientificamente validato che dura otto settimane ed è la porta di ingresso per avvicinarsi alle pratiche di consapevolezza. Nel programma per la riduzione dello stress (Mbsr) messo a punto da Jon Kabat Zinn, il medico americano che l’ha esportato in tutto il mondo, c’è anche la “pratica camminata”. Lo scopo dell’esercizio è portare l’attenzione sulle piante dei piedi. È un’attività che svolgiamo in automatico da quando abbiamo tre anni, perciò farlo in maniera consapevole richiede una buona concentrazione. Si può fare in casa o in giardino. Fermi, in piedi, con lo sguardo a terra, dobbiamo avere davanti a noi uno spazio di circa tre metri. Portiamo i piedi paralleli in linea con le anche. Flettiamo un pochino le ginocchia in modo da abbassare il baricentro e favorire l’equilibrio. Le spalle sono rilassate e le braccia rilasciate lungo i fianchi. Adesso portiamo l’attenzione all’inspirazione ed espirazione per un minuto. Poi si rivolge l’attenzione sulle piante dei piedi. Si sposta il peso sulla gamba sinistra, si alza lentamente il tallone del piede destro e quindi tutta la pianta, successivamente si muove la gamba destra in avanti e si riatterra con il tallone destro facendo rullare tutta la pianta sul pavimento. Quindi ripetere il tutto con l’altra gamba. Mentre si esegue questa lenta camminata, bisogna rimanere in contatto con il nostro respiro e con le sensazioni che arrivano dal movimento e dalla diversa pressione delle piante dei piedi. Percorsi i tre metri, ci si ferma e si effettua un minuto di inspirazione ed espirazione, si esegue una lenta rotazione e torniamo sui nostri passi. Tutto ciò dev’essere ripetuto per cinque minuti di seguito.