Mobilità tra Regioni: la Milano «arancione» merita un segnale esemplare
31 Maggio 2020È bastato un mix ben riuscito di fascisti e negazionisti vestiti di arancione per rendere vana l’ultima utopia da salotto di un’Italia migliore post Lockdown. Un assembramento senza senso in pieno centro di Milano, un ammasso di individui sprovvisti di alcun tipo di dispositivo di protezione individuale, un potenziale innesco di nuovi contagi pronti a diffondersi in tutto il territorio nazionale.
Sabato scorso si è superato il limite della decenza ordinaria e straordinaria, inaccettabile in un Paese democratico evoluto.
Tralasciando l’aspetto politico della manifestazione – i cui connotati riflettono perfettamente la credibilità di uno dei suoi capipopolo, tal generale Antonio Pappalardo – a preoccupare è quel senso di impotenza dimostrato, ancora una volta, da uno Stato timido e impotente incapace di evitare rischi sociali e sanitari per la collettività che ne deriveranno inevitabilmente.
In un clima generalizzato del “qui tutto è lecito perché siamo in democrazia” vanno moltiplicandosi pericolosamente spinte dal basso che si fanno beffa delle istituzioni e divengono per i più impreparati (culturalmente parlando) un concreto modello di emulazione sociale. Come si può non provare vergogna per le immagini di Milano, per quelle bocche sorridenti urlanti “il Coronavirus non esiste, è solo un complotto della finanza internazionale che vuole distruggere l’Italia per comprarla”? Com’è possibile che sia accaduto tutto questo nella Regione che, ad oggi, ha pianto più di sedicimila morti e che ancora pagherà il prezzo in termini di caduti e malati gravi?
Mentre l’armata Brancaleone sovranista di Pappalardo conquistava la scena sui media nazionali e internazionali, infatti, nelle terapie intensive lombarde 67 persone passavano all’altro mondo per le conseguenze di un maledetto virus che – stando alle teorie dei vestiti d’arancione – non esiste. Tutto ciò è accaduto e purtroppo accadrà ancora perché gli italiani hanno smarrito il rispetto e la fiducia nei confronti della classe politica, divenuta del resto lo specchio riflesso del suo stesso popolo.
Da tutto ciò non può che derivare un giudizio riprovevole in merito alla scelta del governo di riaprire la mobilità tra Regioni (nessuna esclusa) dal 3 giugno.
I dati dei bollettini quotidiani della Protezione Civile certificano che il virus è ancora ben radicato e l’indice dei contagi resta preoccupante in taluni casi specifici. Perché non si è preso in considerazione il suggerimento degli esperti della comunità scientifica (passati in poche settimane dell’essere il Vangelo in Terra a meri consulenti) di procedere con le riaperture diversificate?
Ha perfettamente ragione il governatore Vincenzo De Luca quando ha parlato di provvedimenti governativi molto pericolosi. Questo Paese non è ancora al sicuro e far ripartire la mobilità tra tutte le Regioni sarebbe un atto contrario alla tutela della salute pubblica. Il governo ha ancora qualche giorno per ravvedersi.