Digitalizziamoci: è il momento giusto
16 Maggio 2020Questa fase straordinaria che ha, oltremodo, sconvolto l’equilibrio mondiale e destabilizzato l’ordinarietà di ognuno di noi a parte ad avere capitolo dedicati nei libri di storia ha fatto sì che emergessero, in maniera forte, temi che la caotica “normalità” tende a sotterrare. Temi di cui ormai parlo da quasi 10 anni: ma si sa, serve una pandemia per dare voce a qualcosa di così delicato che definiscono come Divario Digitale.
Che cos’è il Divario Digitale
Il divario digitale (o Digital Divide) è, per l’appunto, il divario che c’è tra chi ha accesso (adeguato) alla rete non ce l’ha. Perché è così importante? Semplice: perché ciò genera danni e differenze socio-economiche e culturali a chi ne è vittima, a chi subisce tutto ciò.
Ed è proprio in questo periodo che ne ho sentito, un po’ (ancora troppo poco) parlare. Sapete perché? Perché un’indagine Istat ha rilevato che al Sud Italia 3/4 bambini su 10 non hanno il pc, ed in casa non vi è una connessione internet adeguata. E ce ne siamo accorti solo ora, quando causa Lockdown i ragazzini si sono ritrovati a fare i conti con la realtà: non riuscivano o potevano seguire e/o fare i compiti che le professoresse/maestre gli assegnavano. Danno, disagio e discriminazione. Per scelta, ma soprattutto per necessità. Come si saranno sentiti questi ragazzi nel vedere che gli altri “amichetti” di classe, invece, potevano seguire le lezioni? Domanda retorica.
Ecco, partiamo da qui, partiamo da ora.
È necessaria, però, una digressione più approfondita rispetto a quanto accade. Sono stati individuate 3 tipologie di divario digitale:
- Globale: differenze esistenti tra più paesi
- Sociale: diseguaglianze interne al singolo paese
- Democratico: questo di riferisce alle condizioni di partecipazione alla vita politica e sociale in base all’uso o meno efficace e consapevole delle nuove tecnologie.
Considerato tutto ciò, c’è da dire che il Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite ha considerato internet alla stregua di un diritto fondamentale dell’uomo (come da arti.19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Infatti è stato chiesto, a gran voce, agli Stati Membri “di promuovere e facilitare l’accesso a Internet”.
Richiesta assorbita, ma non attuata (o solo in minima parte) da un po’ di Stati.
Torniamo a casa nostra, tornando all’Italia, possiamo dividere – nello specifico – il divario digitale in due macrocategorie:
- Italiani non coperti da una connessione internet adeguata. Ovvero, “Digital Divide infrastrutturale”
- Italiani che scelgono di non aver un abbonamento a internet. Ovvero, “Digital divide economico-culturale”
Digitalizzazione dell’Italia in Europa
Ora, invece, proviamo a fotografare lo stato “digitale” italiano in Europa. Inuitile dirvi che non ce la passiamo affatto bene, siamo addirittura quartultimi in Europa (dato DESI 2018). Ll’Italia vince un 25° sui 28 stati membri dell’Unione Europea con un indice di digitalizzazione (connettività, competenze digitali di base, utilizzo di Internet e digitalizzazione di imprese e pubblica amministrazione). Questo podio (o quasi) al contrario non fa che generare ulteriori differenze sociali, economiche e culturali tra i vari stati. Secondo voi, su cosa inficia tutto ciò (economia a parte): ovviamente allarga ancor più il suddetto divario digitale e rischiamo di entrare in una forma di emarginazione, che i miei illustri colleghi definiscono “emarginazione digitale”.
Questa situazione rende urgente la necessità di migliorare le prestazioni del nostro paese, intervenendo su uno degli aspetti più cruciali: il divario digitale presente tra chi ha la possibilità concreta di accedere ad Internet e chi, a causa di fattori economici, geografici e culturali, non ce l’ha. Una disuguaglianza che, oltre ad essere un limite per lo sviluppo del nostro paese, rischia di generare nella popolazione una nuova forma di emarginazione sociale: quella digitale.
Qui un grafico del Desi (Digital Economy and Society Index) a supporto di quanto appena affermato.
Sì, ci siamo detti sinora tante belle parole, ma come possiamo – provare – a ridurre questo divario generale sociale (interno al paese) e globale (rispetto agli altri paesi)?
Urge una task force (termine ormai molto in voga) composta dal legislatore, professionisti del settore ed aziende che non solo continui a chiedere all’Europa di proseguire con i finanziamenti previsti per il 2014-2020 in merito all’installazione della banda larga ma che faccia una dettagliata analisi digitale del paese per comprendere, pienamente, dove intervenire.
Quindi, a cosa dovrebbe ambire questa task force:
- Che il legislatore con l’aiuto europeo prosegua con la banda larga in tutto il paese;
- Che siano stanziati dei fondi per le famiglie disagiate affinché vi possa essere accesso indiscriminato alla rete;
- Che si punti alla completa digitalizzazione della PA, ancora farraginosa e rinchiusa nel terribile limbo offline/online che non fa altro che aumentare tempi e costi;
- Che si prosegua in maniera strutturata e più massiccia con i finanziamenti alle imprese affinché possano digitalizzare i processi interni e affacciarsi al mondo del commercio online.
DIGITALIZZIAMOCI
Quest’ultimo punto mi riguarda molto da vicino, vicinissimo: sono giorni che analizzo il commercio online, questo è in continuo aumento. Nel solo quadrimestre gennaio/aprile 2020 ci sono stati +1.3 milioni di acquisti rispetto all’anno precedente. Ovviamente questo trend ha avuto un’impennata causa lockdown e pandemia. E sapete perché mi sta tanto al cuore il tema? Perché le piccole imprese locali che non hanno né fondi, né approccio culturale al digitale, si sono organizzate alla meglio senza essere supportate da nessuno e da un sistema di vendita online già preimpostato come, invece, hanno potuto fare le aziende più grosse. E ciò ha comportato un divario tra queste piccole attività e le altre, divario prettamente economico. Se fossero state messe, queste, nelle condizioni di potere digitalizzare la propria realtà commerciale ora non staremmo più a parlarne. Sarebbe un falso se dicessi che il Governo non abbia iniziato già anni fa con i finanziamenti per la digitalizzazione (ultima è la figura dell’Innovation Manager), ma non basta: serve educazione digitale su tutto e appena dopo finanziamenti più cospicui senza troppe restrizioni del caso.
La domanda è: perché aspettare un evento catastrofico per prender coscienza di problemi atavici?
Ecco, digitalizziamoci.